Lui non cambia... Va di moda l'elettronica, impazza il web, ma Davide Van De Sfroos si diverte alla vecchia maniera, suonando dal vivo. Ha appena concluso il tour invernale nei teatri e sta già preparando quello estivo che parte domani dal Festival Spirito del Pianeta di Chiudugno, in provincia di Bergamo, ricco di date all'aperto all'insegna del tutto esaurito.
Che differenza c'è tra i due tour?
«Questo estivo sarà più divertente. Il tour invernale mi ha dato la possibilità di scendere nei meandri della notte, di sussurrare e di raccontare quel che avevo da dire per tre ore a sera. Il pubblico è stato molto paziente con me. Adesso arriva l'estate e ho voglia di saltare come un pirata e di bere birra suonando la mia fusione di suoni folk, country, reggae, cajun con il mio gruppo cui ho aggiunto un nuovo bassista e un nuovo fisarmonicista».
La vediamo particolarmente gasato.
«Sì, tutto passa, ma al tempo stesso tutto resta, cambia solo di colore. Sono ottimista e voglio fare musica con lo spirito libero di chi pensa di avere ancora qualcosa da dire. La nostra sarà una scaletta in progressione e io, da bambino-anziano, andrò a prendere anche brani dei Clash o di Bob Marley nel cortile dei ricordi».
Nostalgia?
«Semplicemente coerenza. Io sono cresciuto in una casa piena di dischi e vedo che, nonostante il web, i dischi funzionano ancora. Si vendono i cd, si collezionano i vinili rari, il punk ha sempre molto seguito in tutte le sue forme. Ai ragazzi piace la vera musica. I miei figli indossano la maglietta dei Grateful Dead e i professori dicono che sembrano ragazzi di altri tempi, ma in realtà i ragazzi di oggi sono transgenerazionali».
Cioè?
«Cioè amano anche la musica dei loro genitori e addirittura dei loro nonni. Ai miei concerti capita di vedere famiglie intere, o addirittura ex ragazzi, adesso cresciuti, con i figli».
E lei com'è cambiato?
«Andando avanti mi accorgo di diventare più ribelle di quando ero giovane e pensavo di essere l'erede di Joe Strummer. Cerco di suonare o di pubblicare soltanto cose che cambino la giornata alla gente. Modestamente lavoro in uno stile da Beat Generation».
Ovvero?
«Invece di attraversare la Route 66 mi metto un sacco in spalla e vado in Valtellina, Valcuvia, Valsesiana; vado a caccia di parole come Jack Kerouac, deliro come Burroughs, ho delle visioni alla John Fante».
Ma cosa le piace oggi?
«La mia musica si nutre di molteplici radici ma se guardo bene vedo chi ha fatto la storia della musica. L'ha fatta la psichedelia folk dei Creedence e prima ancora il rock di Little Richard e dei Beatles. I cosiddetti vecchi come Peter Gabriel fanno il sorpasso e sono sempre moderni. Senza parlare di un assolo di John Coltrane o della voce di Nina Simone. Insomma il naufragar m'è dolce in questo mare».
E lei come si posiziona in questa
scena?«Io sono un guastatore che lavora all'uncinetto con la storia della musica cercando di mettere insieme tutte queste energie e di farle esplodere sul palco. Voglio essere imprevedibile nel rispetto della tradizione».
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