Pietro Citati è stato un critico che non ha mai preso scorciatoie per risultare simpatico. Non lo ha fatto per quanto riguarda la letteratura, sono proverbiali alcune sue stroncature a partire da quelle vergate per Il Giorno. Non lo ha fatto nemmeno in ambiti paralleli a quelli letterari. In una celebre intervista rilasciata nel 1984, dopo aver vinto lo Strega con Tolstoj, biografia romanzata dello scrittore, disse chiaro e tondo che detestava due padri della patria di quelli a cui ci si inchina sempre: il comunista Palmiro Togliatti, non ne sopportava il cinismo, e il democristiano Aldo Moro, per la sua tendenza al compromesso. Non proprio un viatico per essere innocuo come va di moda oggi. Spesso duri anche i suoi giudizi, seppur rari negli articoli, sugli italiani di cui deprecava l'immaturità. Capacissimo di usare il martello con la classe politica. Ad esempio parlando di insegnanti: «Non è più possibile continuare a pagare i professori delle medie e dei licei... con gli stipendi di oggi. Gli economisti mi risponderanno che i soldi non ci sono... Ma in Italia, quando bisogna sprecarli, i soldi ci sono sempre. Se risparmiassimo sulla rasatura delle guance dei senatori, i profumi e i dopobarba dei deputati, le tinture dei capelli ahimé biancastri delle senatrici...» E allora nel giorno del
parce sepulto molti non porranno l'accento sui giudizi maligni che gli sono nel tempo piovuti contro: «Si sente più vicino al padreterno che agli uomini»; «Non dichiara ma sentenzia»; «Non ride mai».
Gli diedero anche del superficiale perché scriveva tanto e di autori diversi, rispose che adorava la superficialità e la leggerezza (eppure, era un orologiaio della letteratura, Fellini dixit). Di certo da puntiglioso picconatore di luoghi comuni qual era rifiuterebbe ogni santino apocrifo, con seria leggerezza.
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