Dal lockdown imposto per legge al lockdown scelto per andare in tv. Da stasera su Raidue ventuno ragazzi si chiudono in una scuola (regole ferree, vietati telefonini e social) per la quinta edizione de Il Collegio. L'atteso docu-reality (che è stato registrato in estate con tutte le regole anti-virus), è diventato un cult tra gli adolescenti, un fenomeno importante perché ha portato pubblico giovane a un canale tradizionalista come Raidue che i teen snobbano da tempo.
Dunque, in questa edizione i ragazzi vengono catapultati nel 1992, l'anno in cui molti dei loro genitori hanno frequentato la scuola. In cattedra, tra gli altri prof, preside e sorveglianti che il pubblico ormai conosce bene, l'amato professore d'italiano Andrea Maggi. Insegnante nelle medie di Sacile, in provincia di Pordenone, Maggi è presente nel docu-reality fin dalla prima puntata: ne ha visti di studenti «per fiction» e «veri» passare nelle sue classi. Ma quest'anno c'è qualcosa di diverso sia in tv, sia tra i banchi reali. «I ragazzi sono come pentole a pressione, pronti a esplodere. Gli effetti del lockdown della scorsa primavera si leggono evidenti nei loro comportamenti: sono effervescenti, vivaci e portati alla ribellione ancor più dei loro coetanei che hanno partecipato alle scorse edizioni». Ma, il fatto sorprendente, è che nessuno di loro aveva voglia di abbandonare la scuola (quest'anno trasferita nel Collegio Regina Margherita di Anagni) come accaduto gli anni passati a causa delle regole rigide o per nostalgia della famiglia, nonostante abbiano dovuto rinchiudersi di nuovo dopo i mesi passati forzatamente a casa. Si vede che dopo intere giornate trascorse con genitori e fratelli - scherza Maggi - il collegio pareva loro un sogno».
L'ambientazione, il 1992, è particolare: un anno che ha visto lo sconvolgimento politico e sociale di Mani Pulite e le uccisioni di Falcone e Borsellino, che saranno argomento di lezione. «Parlare di mafia e corruzione con i ragazzi è fondamentale». Infatti, il reality, oltre a divertire il pubblico, si è trasformato anche in momento di discussione e di riflessione. «Un programma come questo può insegnare molte cose, ne è dimostrazione l'effetto virale. Attraverso i social i ragazzi mostrano un'enorme interesse verso problemi come il bullismo».
Un'esperienza, quello di professore/attore che è così piaciuta a Maggi da invogliarlo a rimanere in tv per altri programmi, senza ovviamente tralasciare la scuola vera.
«Mi piace perché è un mondo diverso in cui ho conosciuto grande professionalità». Intanto la speranza è che non chiudano le scuole dell'obbligo vere. «Credo che si debba evitare a tutti i costi, soprattutto per i bambini più piccoli, sarebbe un disastro per loro e per le loro famiglie».
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