nostro inviato a Verona -
Scusi Samuele Bersani, adesso anche lei è diventato virale.
«Chi l'avrebbe detto eh».
Qualche sera fa sull'autobus mentre tornava dal concerto di Brunori Sas tutti i passeggeri intorno a lei cantavano a memoria le sue Spaccacuore e Giudizi universali. Il filmato ha fatto il giro del web e dei social.
«Il giorno dopo sono andato dal fornaio e mi ha fatto i complimenti manco fossi tornato da Sanremo».
Oltre un milione di visualizzazioni.
«Il bello è che quelle persone non stavano uscendo dal mio concerto ma erano fan di un altro cantante. Quando sono sceso alla mia fermata, tutti a dire nooo, te ne vai già?. Perciò è stata una delle cose più emozionanti della mia vita».
Quanto a emozioni, anche ieri sera Samuele Bersani era molto emozionato cantando Tu non mi basti mai e Canzone (con Mannoia, Ron e Curreri) nell'omaggio a Lucio Dalla in onda stasera su Raiuno a dieci anni (e tre mesi) dalla morte. «A marzo pensavano di fare il concerto nella sua Bologna, ma poi i limiti di capienza dettati dalle norme Covid lo hanno reso impossibile e quindi eccoci a Verona». Lucio Dalla, che aveva una curiosità vorace e nessun pregiudizio, aveva incontrato Bersani ed era rimasto colpito da quel ventenne timido e creativo. Come fanno gli artisti che non vivono nella torre d'avorio, gli fece aprire i concerti del tour legato al disco Cambio nel 1991 lasciandolo illuminare dai riflettori della popolarità. Missione compiuta. Samuele Bersani riuscì a sganciarsi subito dal marchio di bel ragazzo dai ritornelli vincenti e ha preso la strada più difficile, quella più in linea con un'anima sognante che a 15 anni era scappato di casa per incontrare Dario Argento: «La mia passione era, ed è ancora, il cinema, non a caso il mio ultimo disco si intitola proprio così, Cinema Samuele».
Dopo gli esordi con Dalla, il resto del copione del film di Bersani è venuto dopo, lentamente ma potentemente: Chicco e Spillo, En e Xanax, quattro Targhe Tenco, un pubblico che lo segue e lo sa aspettare, roba che oggi è un privilegio di pochi. «In effetti ho finito da poco un tour che ha fatto numeri che io non avevo mai realizzato prima».
Lucio Dalla aveva visto bene.
«L'ho conosciuto quando lui aveva 47 anni. Oggi ne ho 51, mi sembra quasi incredibile che sia trascorso tutto questo tempo».
Tutti parlano della generosità di Dalla.
«Parlerei anche della sua capacità di guardare oltre. Era come se avesse una palla di vetro. Se tutti vedevano un solo petalo, lui ci sapeva riconoscere il fiore intero. E poi sapeva mettere in contatto persone che non si conoscevano. Mi viene in mente un paragone un po' azzardato, ma che rende l'idea».
Prego.
«Era una sorta di portale internet ante litteram. Sapeva far incrociare le persone che poi avrebbero comunicato o addirittura lavorato insieme».
Quando lo ha incontrato per la prima volta?
«Sono andato a fargli ascoltare il mio brano che si intitolava Il mostro. L'abbiamo sentito sulla sua auto e si è commosso. Mi ha detto: Ma davvero l'hai scritta tu?. Per me era già la più grande vittoria possibile, qualcosa che non avrei mai potuto fare altro che sognare e basta. Poi è andato avanti».
Ossia?
«Mi ha consigliato di togliere l'ultima strofa invitandomi a lasciare in sospeso le canzoni. È più interessante, diceva. Un po' come Fellini, che odiava la parola fine e difatti è stato il primo a non metterla mai al termine dei propri film».
E Bersani cosa ha fatto?
«Naturalmente ho tolto la strofa. Anche Chicco e Spillo aveva un ciao che in realtà non aveva un significato preciso e lasciava aperte tante vie diverse».
Come spesso accade ai grandi, dopo la loro scomparsa c'è un momento nel quale la fama si assopisce, salvo poi ritornare più di prima. Sta accadendo anche a Dalla?
«In realtà vivo nella sua città e non ho questa impressione, anzi. Tutti lo ricordano sempre, è come se ci fosse ancora. Però certamente lui giocava un altro campionato. Forse per questo anche la sua memoria non segue il solito percorso. Lucio era fuori dal tempo».
Per quale motivo secondo Bersani?
«Probabilmente perché era un traditore di aspettative. Traditore in senso buono, sia chiaro. Lui sparigliava le carte, mescolava le attese, non era prevedibile. Perciò penso che sia difficile possa esserci un suo erede. Anche perché...».
Anche perché?
«Penso proprio che a Lucio Dalla non sarebbe proprio piaciuta neanche l'idea stessa di avere un erede artistico».
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