L'incipit più noto della poesia moderna non esiste. April is the cruellest month..., «Aprile è il più crudele dei mesi, genera/ lillà dalla terra morta, mescola/ memoria e desiderio...». In origine, The Waste Land s'intitolava He Do the Police in Different Voices - citazione dickensiana da Il nostro comune amico -, sbandierava in esergo un brano di Joseph Conrad - «The horror! The horror!» - tratto da Cuore di tenebra, partiva con un distico slabbrato, inelegante, anonimo: «First we had a couple of feelers down at Tom's place,/ There was old Tom, boiled to the eyes, blind...». Poi arrivò Ezra Pound e scombinò tutto: di un canovaccio pieno di talento, ma grave di soprusi retorici, di effusioni sperimentali, fece il manifesto dell'uomo di oggi, lacerato dall'insensatezza, diagnosi lirica dell'Occidente sfasciato, quasi una regola, il libro d'ore dei dionisiaci disperati, tra violenza grammaticale e apocalissi. Eliot gli aveva passato il manoscritto a Parigi, nel 1921. Soffriva di periodiche crisi a causa della moglie, Vivienne, sirena albina, sfrenata, insaziabile, per lo più indifesa: aveva avuto un ruolo nel forgiare la lingua del suo poema, piena di afasie, rivelazioni, rivolte verbali («Ho abbozzato la terza parte, ma devo aspettare il parere di Vivienne...», scrive alla sorella).
Intanto, Pound disse all'amico di cassare Conrad - autore troppo pop, di cui Ezra non apprezzava la grandezza -; fu sostituito con Petronio. Di suo, Eliot aveva optato per il titolo dantesco, The Waste Land (reso da Angiolo Bandinelli, nella bella traduzione edita da Stampa Alternativa, come Il paese guasto, la trovate gratis in rete). Di getto, Pound segò i primi cinquanta versi della prima parte del poema, The Burial of the Dead; per sottolineare i passi che lo convincevano scriveva a margine «echt», che in tedesco significa puro, genuino, autentico. Eliot incassò: il memorabile inizio del più influente poema del secolo è frutto di uno stupro, dell'estro critico imperiale di Pound.
Quanto a T.S. Eliot, non morì nel «più crudele dei mesi»: se ne andò di soppiatto, il 4 gennaio, era il 1965. Un mese dopo fu celebrata una funzione in sua memoria, nell'abbazia di Westminster. Alec Guinness attaccò April is the cruellest month... C'era anche Pound. Andava per gli ottanta e da tempo viveva tra gli spettri, in un cunicolo di echi. Wyndham Lewis, con il quale, tra l'altro, aveva fondato la rivista Blast, era morto nel 1957; Hemingway si era sparato in bocca nel '61; avevano sepolto William Carlos Williams nel '63. «Tutto ciò che tocco, si rovina... vivo tra rovine... ho passato una vita senza sapere nulla», diceva.
Aveva conosciuto Eliot cinquant'anni prima, nel settembre del 1914. Dietro l'aura da rigoroso studente di Harvard, riconosceva le stigmate dell'ossesso, del recluso nella poesia. L'anno dopo arruolò l'amico in una delle sue folli imprese; stampata a Londra da Elkin Mathews, la Catholic Anthology è aperta da una poesia di Yeats (The Scholars), assembla testi di Edgar Lee Masters, Harriet Monroe, Carl Sandburg e William Carlos Williams. Avrebbe potuto essere la più bella antologia del secolo: fu stampata in 500 copie, pressoché invendute, con copertina imagista. Di Eliot, Pound aveva antologizzato The Love Song of J. Alfred Prufrock: «la sua opera mi interessa più di quella di qualsiasi altro poeta inglese», scrisse, in forma di sposalizio, su Poetry.
Nel 1917, per The Egoist Press, aveva fatto pubblicare - con contributo segreto - Prufrock and Other Observations, la prima raccolta di Eliot; mentre correggeva The Waste Land, si adoperò per sottrarre l'amico dal lavoro in banca, alla Lloyds, che lo stritolava. Eliot lo omaggiò dedicandogli il capolavoro, «For Ezra Pound, il miglior fabbro»: sul «miglior fabbro», Arnaut Daniel, «fra i grandi maestri di Dante», Pound aveva scritto un saggio, raccolto in The Spirit of Romance (1910). Consegnandogli il manoscritto, in un biglietto, Pound alternava la stoccata - «Sono devastato dalle sette gelosie» - alla gioia, ebbra: «Complimenti dalla tua puttana». Il lavoro di correzioni, modifiche, bric-à-brac, era stato radicale: dalla sezione Death by Water, per dire, Pound cancella un'ottantina di versi ridondanti; il risultato è un poema elettrico, polemico, icastico, memorabile, profetico. Al di là dei carati culturali - nell'apparato di note, Eliot spiega che i riferimenti simbolici provengono da Il ramo d'oro di James Frazer e da From Ritual to Romance di Jessie L. Weston - è il repertorio di immagini a piantarsi, indelebile, nella nostra testa, con solennità ipnotica: Tiresia «vecchio con vizze mammelle di donna»; «Phlebas il Fenicio» che «una corrente sottomarina/ spolpò le sue ossa in sussurri»; la Unreal City «sotto la nebbia scura di un'alba d'inverno»; il Tamigi da cui «le Ninfe sono partite» e il Gange «in attesa della pioggia... La giungla accovacciata in silenzio» (cito dalla traduzione di Angelo Tonelli edita da Feltrinelli).
The Waste Land uscì il 15 ottobre del 1922 su The Criterion, la rivista diretta da Eliot. Sei anni dopo, per la Faber di cui nel frattempo era diventato guida editoriale, Eliot cura i Selected Poems di Pound; si era da poco dichiarato «classicista in arte, monarchico in politica, anglocattolico in religione». Per statura, Eliot è sempre tiepido in pubblico: tale resta parlando delle poesie di Pound. Esalta, piuttosto, la personalità singolare dell'amico, l'«irrequieta energia», la generosità «al massimo grado» e «il mio grandissimo debito personale». Parlando di The Waste Land, Eliot accenna al «manoscritto di un poemetto disarmonico, caotico» che «uscì dalle sue mani, ridotto a circa metà della sua lunghezza, nella forma in cui appare stampato». E confessa: «mi piacerebbe pensare che il manoscritto, con i passi eliminati, fosse irrimediabilmente scomparso, mentre d'altro canto vorrei che fosse conservato come testimonianza innegabile del talento critico di Pound».
Eliot si era liberato di quel manoscritto - accorpato a un fascio di testi raccolti come Inventions of the March Hare - inviandolo a John Quinn, avvocato e mecenate newyorchese, conosciuto nel 1918. «Quinn morì, inaspettatamente, due anni dopo aver ricevuto i documenti di Eliot, che finirono in un deposito insieme al resto delle sue carte» (Mark Ford). I fogli furono acquisiti nel 1958 dalla Berg Collection, afferente alla New York Public Library; nel 1968 la clamorosa scoperta fu resa pubblica. Quello stesso anno «Valerie Eliot incontra Pound, che si è rinchiuso da anni in un singolare mutismo, e in una camera d'albergo a Londra gli mostra la copia del faldone ritrovato. Pound resta immobile e in silenzio, e inizia a piangere» (così Carmen Gallo, che ha recentemente tradotto The Waste Land come La terra devastata per il Saggiatore, 2021).
Il manoscritto originario della Terra desolata «including the annotations of Ezra Pound» fu stampato nel 1971 (ora Faber lo riedita - facsimile con trascrizione - per onorare il primo secolo dalla pubblicazione del poema). Pound morì l'anno dopo.
«Scrivo per resistere all'idea che l'Europa e la civiltà precipitino nell'Inferno», aveva detto. Gli ultimi frammenti dei Cantos sono fatali come una coltellata: «Gli dei perdonino ciò che/ ho fatto», perentori come un azzardo. Infine, poco più che la quota concessa al pianto.
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