Torna "Correndo con le forbici in mano" capolavoro di Augusten Burroughs

Potrebbe essere l'occasione per la ristampa di tutta la sua straniante opera

Un adolescente orfano di una madre artistoide che tenta la via della poesia ma, avvilita dai continui rifiuti delle riviste americane più importanti, si consola con l'amica del cuore mentre il padre alcolizzato anche quando è presente è assente. Questa la situazione del ragazzino che racconta la propria storia in Correndo con le forbici in mano romanzo- memoir del 2002 di Augusten Burroughs che ha venduto un milione e mezzo di copie ed è stato per 100 settimane di seguito al primo posto dei libri del New York Times. Tradotto per la prima volta nel 2007 da Alet (casa editrice purtroppo fallita, che fece scoprire tanti scrittori, compreso il grandioso Denis Johnson), ripubblicato da Rizzoli nel 2008 (con introduzione di Walter Siti) torna ora nelle librerie per minimum fax (traduzione rivista di Giovanna Scocchera, pagg. 319, euro 17).

La speranza, di solito a minimum fax fanno questo, è che l'opera omnia di Burroughs venga (ri)pubblicata da Dry ,in cui parla della sua esperienza di alcolizzato a Sellevision (mai tradotto), il suo primo libro che è una satira senza tempo sulla televisione raccontata da un telespettatore. Con Correndo con le forbici in mano Burroughs ritrae un particolare momento culturale tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, quando la vanagloria dei babyboomers iniziava a portarli lontani da ogni etica.

«I miei genitori si detestavano a vicenda», annota lo scrittore in un libro che è a metà tra autobiografia e romanzo: racconta particolari così stranianti che nel lettore la domanda se sia finzione narrativa o realtà rimane sempre. Cresciuto nel Massachusetts fu allontanato dalla madre dichiarata maniaco-depressiva e dal padre finendo nella strana famiglia dello psichiatra di famiglia Dr. Finch, un uomo che era per un'educazione paterna che non comprendeva il giudizio.

Su insistenza della madre, Burroughs trascorse gran parte della sua adolescenza vivendo tra i Finch. Il ragazzino è innervosito da quella nuova famiglia tanto da ricordare quasi con affetto e ritraendo perfettamente le atmosfere degli anni '70 americani, raccontando di Lydia, l'amica-amante di sua madre che indossa tacchi alti e un bikini bianco, e siede vicino a lui nella sua piscina, «fumando sigarette al mentolo e parlando al suo telefono Princess verde oliva». Così a casa dello psichiatra Finch diventa intimo con le irascibili sorellastre Hope e Natalie, partecipando al loro abuso di sostanze e ai loro primi crimini, aiutandole a distruggere la fatiscente casa vittoriana dei Finches.

La pseudo-genitorialità del dottore incoraggiò la relazione sessuale del ragazzo con l'inquietante, manipolatore e molto più vecchio Neil Bookman. Quando il dottore insegnò a Burroughs a inscenare un tentativo di suicidio per evitare di andare a scuola, il nostro eroe cominciò a chiedersi se la vita con i Finch avrebbe dotato lui, o Hope, o Natalie di capacità di sopravvivenza tradizionali e, alla fine, abbastanza sorprendentemente, lo fece.

Burroughs delinea con forza i legami intricati e perversi tra questi eccentrici ad alta tensione e il suo io infantile, aspirando a una fusione comica grottesca di John Waters e David Sedaris. La scrittura, che può apparire poco curata è, in realtà, ispirata ai riferimenti alla cultura dei consumi televisivi: da Brooke Shields alla sit-com de La Famiglia Brady e alla serie di Friends.

Un libro che merita la lettura almeno come viatico ai prossimi libri di Burroughs, meno vicini a una commedia televisiva di questo memoir che ha fatto impazzire il mondo. Iniziando dal fratello e dalla madre che, visto il successo, hanno deciso di pubblicare in libro la loro versione, la vera storia di Correndo con le forbici in mano dimenticando che ai lettori ne basta una.

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