Tutti conoscono Il signore degli anelli, capolavoro «fantasy» ricco di personaggi e di intrecci, che, al di là del semplice favolismo, interpretano sentimenti e aspirazioni della natura umana. Ma pochi conoscono il signore che ha scritto i romanzi della trilogia, pubblicati tra il 1945 e il 1955 e divenuti una saga planetaria di grande successo, nonostante nelle università fioriscano corsi dedicati al celebre scrittore. Dopo dieci anni di trionfo cinematografico, firmato Peter Jackson, finalmente la lacuna è colmata dal biopic Tolkien, che agli innumerevoli fan di John Ronald Reuel Tolkien (Bloemfontain, Sudafrica, 1892 Bournemouth, 1973), linguista e romanziere inglese intorno al quale circola un vero e proprio culto, consentirà di dare uno sguardo agli anni della sua formazione.
Questo dramma biografico in costume, girato dal finlandese Dome Karukoski nei toni color seppia di un vecchio, caro album, e prodotto dalla Fox, è interpretato da Nicholas Hoult (La favorita, X-Men), che sul suo profilo Instagram pubblica le prime immagini del proprio personaggio, inquadrato sullo sfondo della Prima Guerra Mondiale. Quando le intense esperienze del linguista, che cercava consolazione spirituale nella cerchia degli amici stretti a Oxford, dove insegnò lingua e letteratura anglosassone dal 1925 al 1945, gli ispirarono i noti racconti della Terra di Mezzo. Niente Hobbit puffosi, né Orchi armati fino ai denti o anelli malefici, però, ma soltanto la vita dello scrittore da giovane, ritratta nei momenti topici attraverso la lente della creatività e tra gli orrori della Prima Guerra Mondiale.
«Un mago non è mai in ritardo, Frodo. Arriva precisamente all'ora prevista», dice Gandalf il Bianco ne Il signore degli anelli. Tale frase ispira il biopic di Karukoski, in lavorazione dal 2003. Guardando in rete il trailer di Tolkien, in uscita il 10 maggio tra Usa, Inghilterra e Francia (da noi, non c'è data), valeva la pena aspettare. L'esistenza di Tolkien è appassionante e certi aspetti della sua personalità, finora rimasti in ombra, vengono alla luce. Nel biopic emerge una filologia dell'anima: Tolkien, orfano di padre, viene segnato ancor più dalla morte della madre quando egli ha dodici anni.
Tali perdite e lo scoppio, nel 1914, della guerra che lo vedrà arruolato nella British Army, unitamente alla morte degli amici più cari, gli lasciano dentro una tristezza indelebile, utile a spiegare il tono malinconico del suo immaginario. Amante dei club letterari, sentendo il bisogno di condividere le sue passioni, Tolkien conoscerà il futuro autore di Narnia, C.S. Lewis, grazie al club dei «Coalbiters», da lui fondato a Oxford per leggere saghe e poemi islandesi. Dopo una birra al pub, sul prato dell'università, lui e i suoi amici discutono di mitologia, leggendosi l'un l'altro brani delle loro opere.
Non è la prima volta che si dedica un biopic a Tolkien: nel 2006, la Warner ha comprato i diritti di Here, there be dragons, di James A.Owen, nel quale si raccontano, a mo' di fiction, le avventure dello scrittore e di un membro degli «Inklings», Charles Williams.
Ma il progetto non si è mai realizzato. Mentre Tolkien, scritto da David Gleeson e Stephen Beresford, con Lily Collins nel ruolo della musa e moglie dello scrittore, Edith Bratt, vuole rendere omaggio al più grande scrittore di «fantasy» epico. Intanto Amazon produce una serie da cinque miliardi di dollari su Il signore degli anelli, con Viggo Mortensen come Aragorn.
Nulla a che vedere con il biopic che esplora il periodo formativo dell'autore, da quando resta orfano a quando trova amore, amicizia e ispirazione nel gruppo degli emarginati oxoniensi.Se è vero che, di solito, è meglio non conoscere gli autori che si amano, stavolta è forte il desiderio di sfatare tale norma non scritta.
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