"Uncharted", ecco il film. Fra 007, Indiana Jones e i sogni di Tom Holland

Il protagonista: "Rispetto al personaggio di Peter Parker, ho lavorato molto sul fisico"

"Uncharted", ecco il film. Fra 007, Indiana Jones e i sogni di Tom Holland

Non è certo una novità che un videogioco si trasformi in un film, ma lo diventa se a produrlo c'è la stessa Playstation. Infatti Uncharted di Ruben Fleischer, in uscita nelle sale italiane dal 17 febbraio, è il primo dei titoli della console di videogiochi a cui la casa madre Sony ha lavorato nell'ambito di un ambizioso programma per creare sinergie fra le varie aziende della multinazionale.

Ed è appunto Uncharted, una delle serie di videogiochi di azione e di avventura più vendute al mondo (oltre 40 milioni di copie in 15 anni), ad aver avuto questo privilegio insieme a quello dell'interprete Tom Holland, il protagonista anche di Spider-Man: No Way Home (girato successivamente, dove ha conosciuto la sua attuale compagna Zendaya), straordinario successo planetario, ancora nelle sale, tanto da diventare non solo il film più visto del 2021, ma anche il sesto con i maggiori incassi di sempre.

«L'action adventure - dice l'idolo dei ragazzi Tom Holland all'ombra del Colosseo, di passaggio in Italia durante il tour europeo di promozione - è sempre stato il mio genere favorito, sono cresciuto amando i film di Indiana Jones, quelli di Mission: Impossible, di James Bond. Avere qui la possibilità di mostrare la mia versione di Indiana Jones, più giovane e moderna, è stato incredibilmente eccitante, un sogno diventato realtà». E sono proprio i riferimenti dati dall'attore britannico, che di 007 ha sempre sognato di portare al cinema uno spin-off su Bond da giovane, mentre ora vorrebbe interpretare un biopic su Fred Astaire che lo riporterebbe a una delle sue prime passioni, la danza, a far capire i punti cardinali all'interno dei quali si svolge la rocambolesca trama di Uncharted. Con il giovane e furbo protagonista, un barman ma anche un ladro, Nathan Drake, alla ricerca di un fantomatico tesoro lasciato da Ferdinando Magellano e dalla sua ciurma durante la circumnavigazione del globo. Accanto a lui c'è l'autoironico e un po' cialtrone personaggio di Victor «Sully» Sullivan, interpretato da Mark Wahlberg che diventerà una figura per lui familiare, dal momento che Drake è orfano e ha dovuto salutare da piccolo, senza più rivederlo, il fratello maggiore, braccato dalla polizia.

E, proprio come i grandi viaggiatori del passato, anche lo spettatore sarà sballottato dall'Europa, con i sotterranei di Barcellona pieni di misteri, fino al Mar di Banda nell'Arcipelago indonesiano, grazie a questo giovane protagonista innamorato più dell'avventura che dei soldi.

«Nel costruire un personaggio parto sempre dai più piccoli dettagli. Rispetto a Peter Parker, che ha una fisicità più adolescenziale, qui ho lavorato molto sul corpo per dare l'idea di un uomo con una consapevolezza diversa del suo fisico, che emerge quando si ritrova appeso a un aereo o rischia di affogare in un sotterraneo. Un elemento che trascende l'azione e che contribuisce a renderlo un personaggio tanto amato», dice l'attore venticinquenne che ieri è stato fotografato nella Capitale con l'eterno capitano della Roma Francesco Totti, con il quale pare stia girando uno spot pubblicitario con tanto di benedizione del sindaco Gualtieri che li ha visti sotto l'ufficio in Campidoglio ed è andato a salutarli sul Belvedere Tarpeo.

Sul tema dei riferimenti cinematografici è entrato anche il regista Ruben Fleischer (autore degli apprezzati Benvenuti a Zombieland e Venom): «Chi ha inventato il videogioco ha preso palesemente ispirazione da Indiana Jones, quindi noi ci siamo rifatti a questo modello, ma abbiamo attinto anche a tanto cinema avventuroso che ci ha formato, come I Goonies per la caccia al tesoro, ma anche Star Wars per creare il rapporto tra Sully e Nate.

Mentre per le spettacolari scene d'azione abbiamo guardato alle splendide lezioni impartite dagli ultimi film su 007 e la saga di Mission: Impossible. Ma alla fine direi che Indiana Jones è alla base di tutto, è stato come un cerchio che si è chiuso».

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