La Villa di Giuseppe Verdi nella bufera: "Sarà venduta, a rischio il museo"

Angiolo Carrara Verdi racconta la vicenda della casa di famiglia. Fra liti e carte

La Villa di Giuseppe Verdi nella bufera: "Sarà venduta, a rischio il museo"

Dal primo novembre, Villa Verdi di Sant'Agata di Villanova, in provincia di Piacenza, chiude i battenti. È la casa dove il compositore più tricolore che vi sia, Giuseppe Verdi, visse dal 1851, dunque per mezzo secolo. Ne aveva seguito il restauro e l'ampliamento in prima persona, metro dopo metro, suggerendo materiali, forme, linee: come soleva fare quando andava in scena una sua opera. In sintesi, fu la sua seconda pelle.

La villa, che conta 50 stanze e sette ettari di parco con tanto di laghetto, da anni è aperta alle visite, gestita e abitata da Angiolo Carrara Verdi (classe 1968). ACV è l'erede del musicista, assieme alle sorelle Maria Mercedes, Ludovica e Emanuela (da poco scomparsa). La chiusura del museo e lo sfratto dell'erede sono stati stabiliti dal giudice del Tribunale di Parma con sentenza del 29 settembre. «Ora un notaio dovrebbe individuare un custode che abbia cura della casa. Dubito però che il museo riaprirà al pubblico», spiega ACV. Dal 2001 i quattro discendenti, tra l'altro figli e nipoti di notai, non s'accordano sulla spartizione dell'eredità. Villa Verdi è un bene indiviso, per chiudere il cerchio un fratello dovrebbe quindi liquidare le quote degli altri tre. Dati i litigi, il Tribunale ha stabilito che la Villa sarà venduta: più probabilmente tramite asta, anche se non si esclude la vendita diretta. ACV è pragmatico, lo Stato ha il diritto di prelazione, «ma è meglio che non lo eserciti considerato che non avrebbe i mezzi per assicurare la manutenzione e poi la gestione della casa museo. Meglio che l'acquisto venga fatto da un privato». Per il potenziale acquirente, amare Verdi è una necessità, perché c'è un vincolo, una parte della casa - circa 7 stanze su 50, quelle mai abitate dopo la morte del compositore - dovrà essere visitabile al pubblico. Un vincolo che potrebbe essere un'opportunità. «La proprietà costa intorno ai 25 milioni», spiega l'erede; ma la due diligence dovrà comunque tener conto degli investimenti destinati al recupero e manutenzione di uno stabile di 170 anni.

Non è finita qui. Nella Villa c'era un baule con tanto di biglietto vergato da Giuseppe Verdi: «Carte da bruciare», la sentenza. All'interno, abbozzi, schizzi di opere, lettere, «mio nonno però non se la sentì di soddisfare questi desiderata, e così il baule è rimasto, anche se sarebbe dovuto rimanere segreto. Invece si seppe della sua presenza...». Apriti sesamo, e studiosi - giustamente - scatenati. I Carrara Verdi ne sono stati espropriati non avendo accettato la stima di quattro milioni più la richiesta di restauro pari a 674mila euro da decurtare dalla somma di partenza. «Secondo le stime d'esperti, il valore era di 19 milioni, altrimenti avrebbe voluto dire che le lettere, per esempio, valessero 2 euro», osserva ACV. Ora i preziosi carteggi sono nell'Archivio di Stato di Parma, consultabili, mentre è ancora in corso la causa dei due discendenti che non accettano l'esproprio.

L'intera faccenda è l'ultimo melodramma del grande musicista, un'operona con arie d'ira e continui colpi di scena. Tra questi, il testamento redatto dal padre dei quattro eredi, di professione notaio, che secondo alcune versioni aveva individuato in ACV l'unico proprietario della Villa: «Anche mio padre, che aveva 4 sorelle, era stato designato unico erede della villa, così da continuare l'asse Carrara Verdi», è la versione di ACV. Testamento che altri eredi ritengono non sia mai esistito, «ma le pare che un notaio non faccia testamento»? il commento di ACV. Il nodo della vicenda sta proprio qui.

Nel dilemma del testamento e nel consesso di fratelli coltelli. Finale con un deus ex machina che entra a gamba tesa, giudica e decide per tutti, mentre avvocati «libano ne lieti calici» in omaggio a cause da centinaia di migliaia di euro.

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