Westworld 2: a lezione di fantascienza da Jonathan Nolan

La seconda stagione di Westworld è una sorpresa continua, che obbliga lo spettatore all'attenzione e alla riflessione: ecco la recensione

Westworld 2: a lezione di fantascienza da Jonathan Nolan

La prima stagione di Westworld ha convinto subito per la grande qualità - cast, storia, regia - e l’accuratezza nei dettagli, a cui si sono aggiunti anche importanti colpi di scena; con la seconda possiamo dire addio anche ai più piccoli dubbi: Westworld è una serie tv che sconvolge e invita a riflettere, come non succedeva da tempo.

Alla fine della prima stagione di Westworld, si assisteva alla morte di Ford (Anthony Hopkins) per mano di Dolores, con la successiva rivolta dei residenti da lei guidata. Questa rivoluzione, cioè la liberazione dei residenti, voluta da Arnold prima e da Ford poi, è essenzialmente la seconda stagione e su questa si inseriscono le varie sottotrame. Tra le tante, la meno interessante è quella di Maeve alla ricerca della figlia, seppur una missione basata su forti sentimenti. Il grande interesse che si crea nella seconda stagione è dovuto anche e soprattutto allo sviluppo della storia e del personaggio di William da giovane (l’Uomo in nero, cioè Ed Harris). Viene approfondito come William sia arrivato a capo della Delos e l’oscurità sei cresciuta in lui. Ed è sempre su di lui che emergono i maggiori interrogativi, in particolare modo con il finale.

Nel secondo capitolo della serie si vede come Westworld vada ben oltre la semplice soddisfazione carnale dell’uomo oppure di quanto in basso possa cadere con la sua violenza. La nuova sfida che la produzione pone è la volontà di vita eterna dell’uomo, di un'esistenza che vada oltre il suo corpo. Viene anche ripreso l'interrogativo per antonomasia dei racconti sui replicanti - il riferimento è ovviamente a Blade Runner. Quindi, se pensate di avere capito chi è umano e chi no, vi sbagliate. È qui che Westworld si dimostra una grande serie: obbliga lo spettatore ad una grande attenzione durante la visione e provoca attorno a sé un dibattito. Gli interrogativi sono così ben radicati nella storia che coinvolgono anche quei personaggi sui quali non c’era alcun dubbio circa la loro natura umana. Lo stesso William mette in dubbio la sua realtà.

D’altra parte, cosa aspettarsi dal creatore della serie Jonathan Nolan? Nel film "Inception" del fratello Christopher, a cui Jonathan con questa seconda stagione “guarda” con interesse, viene detto che il virus più potente è un’idea, la stessa idea che fa mettere in dubbio la realtà in cui vive al personaggio di Marion Cotillard, portandola al suicidio. Allo stesso modo, la seconda stagione di Westworld semina tra i vari personaggi il dubbio di stare vivendo davvero nella realtà o di essere umani.

Se la prima stagione ha avuto colpi di scena "telefonati" - vedi Bernard che non è umano - nella seconda c’è un enorme balzo in avanti nella trama, che spinge lo spettatore a riflettere su quanto appena visto.

Non si può assolutamente pensare che Westworld sia una serie tv come le altre. Siamo di fronte a un film fantascientifico di oltre 10 ore (solo la seconda stagione), con una qualità di storia, interpretazioni e riprese che mettono Westworld direttamente in competizione con i grandi titoli del cinema.

La HBO nel 2016 cercava in Westworld una serie tv che potesse andare a sostituire "Il Trono di Spade".

Con la fine della seconda stagione - il 2 luglio in italiano su Sky Atlantic, attenzione alle scene dopo i titoli di coda - possiamo dire che il risultato è ampiamente ottenuto e che aspettare la terza stagione sarà di sicuro una sofferenza.

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