Doping, tocca a Cipollini Cade un altro grande di un’Epo-ca vergognosa

Pubblicati i documenti che proverebbero la sua dipendenza da Fuentes nel 2002. Quando vinse Sanremo e Mondiale

Doping, tocca a Cipollini Cade un altro grande di un’Epo-ca vergognosa

Anche Cipollini, a quanto pare. Dopo Armstrong. Dopo Pantani, dopo Basso, dopo Ullrich. Dopo tutta la compagnia cantante dei memorabili anni a cavallo tra i Novanta e i primi Duemila, Epo-ca d'oro dell'Epo, ma anche degli ormoni e delle autoemotrasfusioni, del doping selvaggio e sguaiato, senza limiti di tempo, di luogo e di dosi. Dettaglio molto grottesco: alla fine della storia, ormai nota con tanto di prove e di nomi, possiamo benissimo concludere che comunque i risultati delle corse erano attendibilissimi e sincerissimi, perché in un gruppo di drogati emergeva nonostante tutto il drogato con maggiore talento.

L'Epo-pea di Cipollini, dichiarato a furore di popolo e di critica il più grande velocista della storia, quanto meno di quella italiana, finisce al macero in una mattinata di febbraio, con la Gazzetta - di cui è collaboratore - che gli pubblica i documenti schiaccianti sulla sua dipendenza da Eufemiano Fuentes, il ginecologo spagnolo prestato allo sport chimico e farmacologico. Servizio di barba e capelli: nome in codice Maria, numero di fax, tabelle con date e quantità, termini di pagamento, il tutto concentrato nel favoloso anno 2002, segnato da Milano-Sanremo e Mondiale.
Complimenti alla Gazzetta, che per fare bene il proprio mestiere non esita a colpire dolorosamente un amico, ma complimenti zero, anzi un tornado di rabbia, alla giustizia spagnola, ordinaria e sportiva. Questa storia dell'Operacion Puerto, la madre di tutti gli scandali, incombe sullo sport mondiale dal 2006. In tutti questi anni, su indicazione dell'allora premier Zapatero, impegnatissimo a tenere alto un orgoglio iberico che di lì a poco sarebbe miseramente finito come sappiamo, la bomba ad orologeria è rimasta chiusa nei forzieri del silenzio e della propaganda di regime. La Spagna era la prima potenza dello sport, nessuno aveva voglia di infangare questo record svelando sudici retroscena. Inchiesta ridicola e frettolosamente insabbiata, tanto meno una legge penale sul doping: questo, non altro, il primato di Zapatero.

Il risultato è lo stillicidio letale che ci stiamo degustando da 7 anni. Ogni tanto qualcuno fa uscire un nome e quel nome finisce giù dal trespolo, come in un simpatico tiro a segno del luna park, con la differenza che non c'è niente da ridere e nessuno vince niente. All'inizio i Basso e gli Ullrich, poi tanti altri. L'abile regia del perfido gioco ha molta cura di concentrare il tiro sul ciclismo (salvo quello spagnolo), sport già Tafazzi di suo, impaludato com'è nella dura lotta per guarire da questa lebbra moderna. Il resto? Si sentono nomi eccellentissimi di tennisti, atleti dell'atletica, squadroni del calcio. Ma a colpi di diffide, minacce e querele, tutto viene soffocato in culla. La Spagna chiusa nel suo compiaciuto e criminoso silenzio, il resto del mondo a chiedere verità.

Il tempo è passato, però. Zapatero e i suoi silenziatori se ne sono andati, la pressione del pianeta Terra si è fatta urlo feroce, finalmente anche la Spagna si decide ad avviare un processo al mitologico Fuentes. Ma attenzione: non deve rispondere del doping monumentale e sistematico, milionario e multidisciplinare, bensì di attentato alla salute. In sostanza: a questo processo non interessa conoscere i nomi dei dopati, interessa soltanto accertare se il medico ha fatto del male a qualcuno. Di questo risponderà, non di come ha taroccato lo sport mondiale per anni.

E i nomi? Governi, agenzie internazionali antidoping e Coni locali chiedono incessantemente che vengano fatti tutti, una volta per tutte. Per sapere quali e quanti campioni dobbiamo prendere a pallate nel tiro al bersaglio, però in una volta sola, e poi chiuderla lì.

Finora, però, siamo fermi alla Real Societad, squadra di rango svergognata dal suo stesso presidente, che ha denunciato la gestione precedente con tanto di cifre (più di 300mila euro l'anno per prendere roba pesante e arrivare secondi nella Liga). Adesso Cipollini, per vie misteriose. E domani? Il mefitico calderone dell'Operacion Puerto vanta 7mila pagine, distribuite in 23 volumi. C'è di tutto.

Bisogna solo decidere se aprire questi libri davanti al mondo o se utilizzarli come formidabile arma di ricatto e di massacro, in base ad amicizie, interessi, orrendi calcoli. Finora la Spagna ha scelto questa seconda strada. Una vergogna mondiale.

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