nostro inviato a Marina di Ascea
La maglia rosa è ancora italiana, ma stavolta non per caso. Il povero Puccio, che se l'era ritrovata addosso senza saperlo e senza volerlo dopo la cronosquadre di Ischia, la passa a un patriarca del circolo azzurro, Luca Paolini. Tappa e maglia a Marina di Ascea, tappa e maglia per una vecchia quercia di 36 anni che però esprime i fremiti e i tremori del debuttante. Per una serie di motivi, al Giro non era mai venuto, proprio lui, una bandiera della nazionale. «Mai avrei pensato fosse così emozionante - confessa adesso, mentre il mondo gli gira attorno creando vertigini -: sinceramente non mi rendo conto di quello che ho combinato».
Senza essere un fenomeno, Paolini è comunque uno specialista nelle classiche del Nord, e come una classica corre la frazione verso Ascea, attraversando scenari fantastici di cielo, di mare e di terra, nel cuore del Cilento, tra gastronomia orgogliosa e cultura antica. In questo Parco nazionale di inesprimibili bellezze, Paolini si sente come un bimbo al parco giochi. Quando manca una decina di chilometri alla fine, mentre esplode la feroce bagarre tra i big di classifica, l'artistico finisseur si carica di coraggio e parte a tutta in discesa. L'assolo è possente, il finale un capolavoro. Vittoria e maglia rosa. Per il debuttante Matusalemme ci sono anche lacrime e dedica da esordiente: «Tutto questo è per mio padre, che proprio oggi è sotto i ferri. Glielo avevo promesso, spero lo faccia contento». Sventolando il tricolore sul podio, consola un po' anche l'Italia intera, depressa per vari motivi, ciclismo compreso. Una giornata così, di pieno sentimento, per il padre e per la patria.
Lacrime sincere ed emozioni vere: i primi atti del Giro assicurano già lo show. E' un inizio grandi firme, con l'ouverture napoletana di Cavendish, la cronosquadre di Ischia alla Sky, ora con la maglia rosa a Paolini. E non è tutto. Appena c'è terreno buono, volano schiaffoni anche nel Rotary della classifica. Sulla prima salita e lungo la prima discesa del Giro si contano attacchi e contrattacchi griffati. Il più agitato è indiscutibilmente Hesjedal, il vincitore dell'anno scorso, pronto a scattare in salita, a scattare in discesa, a scattare nella volata finale sulle orme di Paolini. Con lui, nello sprint, si vede anche uno spiritato Evans. I due sono i grandi sconfitti della cronosquadre, e non è un caso che già il giorno successivo appaiano tarantolati. Chiaro che vogliano rimediare subito i danni, chiarissimo - e bellissimo - che non siano qui in Italia per fare del turismo enogastronomico, gozzovigliando ai margini della gara.
Memo doverosa per i due candidati premier usciti dalle primarie, Wiggins e Nibali: faranno bene a non sottovalutare nessuno. Neppure Gesink, un altro in prima fila. E neppure Scarponi, benchè gli tocchi pagare un minuto per l'erroraccio in frenata lungo la discesa.
Sono tutti lì, subito pronti a cambiarsi i connotati. Tre round e la classifica è già mossa. Oggi si sale a Serra San Bruno, nella bella Calabria in stile svizzero.
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