Agnelli deferito dalla Procura. "Mai contatti con i mafiosi"

Il presidente della Juventus furibondo: "Non abbiamo niente da nascondere. Siamo già stati infangati troppe volte"

Agnelli deferito dalla Procura. "Mai contatti con i mafiosi"

La furia di Andrea Agnelli contro la Procura della Figc. A scatenare il presidente della Juve la notifica del deferimento per la vicenda dei biglietti agli ultras. Una sorta di avviso di garanzia sportivo per il numero 1 di una società quotata in borsa. In qualche modo atteso, ma a scatenare Agnelli è il fatto che venga ipotizzata una presunta collaborazione con la criminalità organizzata perché tra le motivazioni del federcalcio «il presidente non impedì rapporti con la malavita».

In un monologo lungo quattro minuti e 15 secondi Agnelli ha iniziato un'altra battaglia con la Federcalcio: «Questa società non ha nulla da nascondere o da temere. I dipendenti della Juve hanno collaborato con la Procura della Repubblica di Torino. Erano testimoni e testimoni sono rimasti fino alla chiusura delle indagini penali». E invece la giustizia sportiva per Agnelli sarebbe andata in un'altra direzione perché il suo «nome e quello dei nostri dipendenti rivestirebbe un ruolo di collaborazione con la criminalità organizzata. Tutto ciò è inaccettabile e frutto di una lettura parziale». E ancora: «Come ho già scritto, non ho mai incontrato boss mafiosi». Agnelli non ci sta: «Difenderò il buon nome della Juve che per troppe volte è già stato infangato o sottoposto a curiosi procedimenti sperimentali da parte della giustizia sportiva». Il riferimento è di libera interpretazione: da Calciopoli al doping e ora i rapporti con gli ultras, sono temi che sembra godano di una esclusività territoriale e societaria.

Oltre ad Agnelli sono stati deferiti anche Francesco Calvo, ex direttore commerciale del club e ora dirigente del Barcellona prossimo avversario Champions della Signora, i dipendenti Alessandro Nicola D'Angelo e Stefano Merulla, e la società Juve. A tutti viene contestata la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità. Dall'ammenda all'inibizione le sanzioni individuali, per il club si potrebbe anche arrivare nella peggiore delle ipotesi a una penalizzazione perché viene contestata una responsabilità diretta. Nel dispositivo riguardo ad Agnelli si legge che «non impediva a tesserati, dirigenti e dipendenti di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti gruppi ultras, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazioni di biglietti e abbonamenti... favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria ultras...». La difesa è già anticipata da Agnelli: «Se alcuni di questi personaggi hanno oggi assunto una veste diversa agli occhi della giustizia penale, questo è un aspetto che all'epoca dei fatti non era noto, né a me, né a nessuno della Juve. Ho dato la mia disponibilità a presentarmi davanti alla Commissione Antimafia».

Una storia sulla quale si sprecano le chiavi di lettura nelle ultime settimane: da una vendetta interna al discorso aperto Figc-Juve sulla richiesta danni per Calciopoli fino a uno scontro interno alla famiglia tra Andrea Agnelli e John Elkann per la guida del club. Quest'ultima versione smentita dagli interessati. Così Agnelli: «Questo gruppo dirigente vuole continuare a far crescere la Juve ancora per parecchio tempo». Così invece il presidente di Exor, la holding di famiglia: «Sono certo che la piena disponibilità della Juve a collaborare con la giustizia farà emergere la totale estraneità della Società agli addebiti mossi».

E soprattutto: «Ribadisco la totale fiducia nell'operato di mio cugino Andrea che ha guidato la Società e il suo gruppo dirigente fino ad oggi e che continuerà a farlo anche in futuro». Sarà una battaglia. A confronto di quella di oggi sul campo con la Samp una passeggiata.

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