nostro inviato a Rio de Janeiro
Non è la ragazza di Ipanema e non ci tiene neppure ad esserlo. Per quello va bene Gisele, che poi è di Horizontina, Rio Grande do Sul. Non è neppure bionda. Si chiama Sue e scatta foto. È una reporter. È cresciuta qui a Rio e conosce le favelas. Ci è cresciuta. «Lo senti? Lo senti anche qui dentro al Maracanã questo rancore di fondo? Non ce la facciamo più a illuderci. A noi brasiliani piace emozionarci. Ci lasciamo sedurre anche dalla finzione. Per anni abbiamo pensato: chi se ne frega, facciamo finta che. Adesso basta. Questo Brasile è falso. È proprio come la ragazza di Ipanema. Non esiste».
FISCHI AI POLACCHI?
Non c'è gioia. Non c'è allegria, anche se questa è Rio, anche se sono i giochi. Allora fischi, per i motivi più futili o inutili e ti esalti quando la fabbrica del falso è così sfacciata che ti droga le emozioni. È la banalità del marketing dei sentimenti. Sfila Israele e piovono pietre di fischi, la Palestina è accolta come una benedizione. La nazione dei rifugiati è un boato enorme, che resta sospeso nel Maracanã, a lungo, e il volto dietro la bandiera di Yusra Mardini dopotutto non è una maschera, lei almeno è vera. Si applaude la Francia perché Parigi è ancora una cicatrice sulla pelle del mondo. Fischi di rabbia contro la Germania, segno che l'uno a sette mondiale di due anni fa scotta ancora e parecchio. Quel giorno il Brasile ha perso la sua religione, questa notte ha visto pure abdicare il suo O Rei, troppo malandato per portare la fiaccola. Está bem, Pelè, obrigado na mesma por ter tentado. Grazie comunque. Non sono per niente belli, ma la ragione si intuisce, i fischi molesti contro l'Argentina e la Giamaica, rivalità sudamericane, ma che vi hanno fatto il Canada e la Polonia?
IL TONGANO UNTO
Quegli urli d'amore verso la Svezia sono un sogno esotico dai capelli biondi. La Svizzera invece è un mistero. È il desiderio inconscio brasiliano di scandire un tempo meno improvvisato? Le urla per il petto nudo e oleoso di Pita Taufatofua, atleta del taekwondo e portabandiera del Tongo, sono viscerali. I baci al Portogallo sono il segno che le ferite coloniali sono un lontano passato.
DOV'È PEPPINO?
Le carezze all'Italia sono simpatia istintiva e omaggio alla Pellegrini. Solo che quando danze e musiche raccontano la storia del Brasile manca qualcuno. Si sono dimenticati di Peppino. Ci sono i primi portoghesi, gli indios, gli schiavi portati in catene dall'Africa, le favelas e i facenderos, perfino i giapponesi. Non c'è invece Garibaldi. Non c'è l'eroe dei due mondi. Eppure Peppino con la camicia rossa è venuto qui a combattere per la loro libertà, per l'indipendenza del Brasile. È qui che ha conosciuto Anita, che è venuta a morire per l'indipendenza dell'Italia. Anita che era sposata con un brasiliano e Peppino se l'è portata via. Anita che come Gisele non era di Ipanema, ma del Rio Grande do Sul. Forse da quelle parti Peppino è ancora un eroe.
BRASIL BRASIL...
Solo alla fine Rio si sente vera. Quando i fischi al potere si fanno assordanti, quando il rancore non resta in corpo e questo li libera. Quando Yane Marquez sventola la bandiera giallo e oro non riescono a rinnegare. Il Maracanã è un tuono. Brasil, ta, ta, ta, ta, ta ta ta. Brasil, Brasil.
Ora sono tutti in piedi e cantano, cantano, cantano tutto quello che del Brasile hanno in corpo, nelle viscere, nelle vene. E non cantano solo i brasiliani. Cantano tutti. Canta ogni pezzo di mondo. C'è questo dannato bisogno di illudersi ancora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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