La barca rivoluzionata vince il bronzo della fame

Impresa del due senza di Abagnale-Di Costanzo Il pass per Rio era di Mornati (sospeso) e Capelli

La barca rivoluzionata  vince il bronzo della fame

Benny Casadei Lucchi

nostro inviato a Rio de Janeiro

È il bronzo di tante cose. Bronzo perché terzo posto, dietro all'oro dei neozelandesi Bond e mito Murray e l'argento dei sudafricani. Bronzo perché medaglia numero dodici di quest'Italia sprecona e strana in tutti gli sport. Bronzo che non vale oro per tutto il bel paese inesperto di canottaggio ma brilla molto più dell'oro per chi nel Bel Paese rema da una vita e sa quanti extra valori ci siano dietro questo podio azzannato di fatica e voglia da Giovanni Abagnale e Marco Di Costanzo, i due giovani eroi del due senza.

In una consonante che manca e in due nomi e due posti cambiati in barca, si concentrano fatica e voglia di rispondere a tutto il nero che si era detto e pensato di questo movimento alla vigilia dei Giochi. Perché Giovanni fa Abagnale di cognome con una B in meno e però il pensiero corre a Vincenzo Abbagnale (figlio di Giuseppe), una B in più, squalificato sedici mesi in primavera per controlli saltati e che tanto avrebbe potuto dire e fare in queste acque per la spedizione azzurra, su altra barca però. «Io sono di Castellamare, il paese degli Abbagnale, e sono fiero di questo, so quanto sia importante questa nostra medaglia» dice infatti Giovanni, ricordando la propria abbagnalità, visto che si allena nel circolo Stabia, quello dei due fratelli olimpionici, uno dei quali, proprio Giuseppe, è ora presidente della Federcanottaggio. «Applausi per loro due, applausi per tutti» interviene Abbagnale, «perché anche quelli delle altre barche in gara hanno dato il massimo». Come il doppio di Francesco Fossi e Romano Battisti, quarti, vittoria alla Croazia, e il 4 senza pesi leggeri di Ruta-La Padula-Goretti e Oppo, anch'essi a una remata dal podio (vittoria alla Svizzera). «Quanto al bronzo», precisa ancora Abbagnale, «non dovrebbe stare a me tessere le lodi di questi ragazzi, ma sono due napoletani e uno è addirittura stabbiese e questo ovviamente mi inorgoglisce».

Un B in meno nel cognome e due nomi e due posti cambiati. Perché questa è una barca qualificata da altri e «il nostro pensiero non può che andare a Vincenzo Capelli e Niccolò» rendono omaggio ai propri compagni i due ragazzi. E quel Niccolò è Mornati, l'atleta fratello di Carlo, vice segretario generale del Coni e capo della delegazione italiana qui a Rio. Niccolò è stato trovato positivo in aprile all'anastrozolo, una sostanza coprente e per questo sospeso. Da qui la barca rivoluzionata nei nomi.

«Sono felice dello spirito trovato» conclude Abbagnale, «magari con le altre barche non siamo stati fortunati, nel bacino non c'erano le condizioni giuste per noi, però bene così, sono tutti giovani, magari in alcuni frangenti possono mancare di esperienza, però noi lavoriamo anche per il futuro... E comunque alle olimpiadi non avevamo mai vinto con questa barca».

E che sia il bronzo di tante cose, lo rivela Marco Di Costanzo, faccia sveglia e furba da scugnizzo «e infatti sono scugnizzo» è il senso del suo dire quando rivendica con forza e orgoglio la sua vita ai Quartieri spagnoli. «E mi fa piacere poter mandare un messaggio di impegno e speranza ai tanti ragazzi di là, abituati solo a convivere con tante cose brutte, e invece visto che cosa si può fare?». Marco e Roberto sono uno basso e l'altro alto, sono diversi, scugnizzo il primo e riservato l'altro, solo su donne e il Napoli la pensano uguale e «facciamo coppia, ma non di fatto, anche nel tempo libero» precisano ridendo. «E che cosa abbiamo in comune a livello caratteriale e interiore?» Non è una risposta la loro, sembra un coro: «La fame.

Anche qui, al via, alla vigilia, ci davano tutti per spacciati, invece avete visto? Quando ai primi 500 metri ci siamo visti a podio, abbiamo urlato noi quella medaglia la vogliamo... andiamo a prenderla». Sarebbero bastati centro metri in più e sarebbe stato argento. Lo sanno loro. Lo sappiamo noi. Bene così.

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