C'è Spalletti avvelenato. Inter, che occasione per diventare grande

Inzaghi fin qui non ha vinto contro una big: deve battere la squadra dell'ex per rilanciarsi

C'è Spalletti avvelenato. Inter, che occasione per diventare grande

Valgono le premesse fatte prima del derby: l'Inter deve vincere, ma soprattutto non può perdere, il Napoli ha il match point per cancellare i campioni dall'autosuccessione. Rientrare in corsa da -10, e con un terzo di campionato già alle spalle, richiederebbe qualcosa che l'Inter quest'anno sembra non avere. Poi magari finisce con un altro pareggio e tutto resta com'è, con ambizioni congelate e velleità spuntate. Di certo, se vuole rivincere lo scudetto, l'Inter prima o poi rigori o non rigori - qualcuno di quelli forti dovrà batterlo (e oltretutto i rimpianti, a volerla guardare equamente, non sempre stanno da una parte sola).

Ma questa è anche, forse soprattutto, la partita di Luciano Spalletti che torna a San Siro dopo 2 anni (trascorsi peraltro sul libro paga dell'Inter), da primo della classe e con la malcelata voglia di prendersi una sonora rivincita. «Ho chiuso a Milano perché mi hanno mandato a casa e non ho detto nulla», ricorda prima di una spruzzata velenosa: «Però occorre fare delle valutazioni. Se uno può spendere 240 milioni di stipendi, va a prendere giocatori dal Manchester United e dal Chelsea; se non può, gli obiettivi sono diversi».

Non riceverà ovviamente l'accoglienza trionfale che Inzaghi ha avuto un mese fa a Roma, ma non sarà fischiato: resta pur sempre l'allenatore che ha riportato l'Inter in Champions dopo 6 anni e il suo lavoro a Milano è stato complessivamente positivo, compresa l'ardua gestione del caso Icardi, che segnò la seconda delle sue due stagioni in nerazzurro. «Sono curioso anch'io di vedere l'effetto che mi farà San Siro, ma fischi e insulti ne ho presi tante volte».

Spalletti rinuncia a Politano, positivo al Covid, e pensa di sostituirlo con Lozano, mentre Inzaghi ufficializza Ranocchia al posto dell'infortunato De Vrij. Unico dubbio nerazzurro, la spalla di Martinez, con Correa favorito sul convalescente Dzeko.

«Sarà una sfida importantissima, coraggio e motivazioni faranno la differenza», ammette Inzaghi, che per la prima volta va virtualmente in campo con 2 punti in meno rispetto all'Inter di Conte e che forse proprio per questo per la prima volta spiega che «per come siamo partiti in estate doveva essere una stagione di transizione e invece siamo qui a lottare con le squadre più forti».

Grande attesa sul Toro Martinez, senza gol dal 2 ottobre (rigore al Sassuolo) o dal 25 settembre (su azione all'Atalanta), ma ovvia comprensione del suo allenatore: «E'

assolutamente dentro al progetto, presto tornerà a segnare come ha sempre fatto». Tre i rigoristi designati: Martinez, Calhanoglu e Perisic. Calcia eventualmente chi se la sente. E qui, forse, sarebbe meglio fare ordine per tempo.

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