“La Carini vittima del bullismo social. Ora pronti a denunciare gli odiatori”

L'ex campione di boxe: "Su Angela troppe pressioni"

“La Carini vittima del bullismo social. Ora pronti a denunciare gli odiatori”
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Per Roberto Cammarelle boxe e polizia sono le due facce di una stessa medaglia: quella della legalità. Sarà per questo che oggi, a 44 anni, il più forte supermassimo che l'Italia abbia mai avuto, tre medaglie in tre Olimpiadi (oro a Pechino 2008, argento a Londra 2012, bronzo ad Atene 2004 e campione del mondo dilettanti nel 2007 e nel 2009), è orgoglioso di essere il direttore tecnico del Gruppo Sportivo Fiamme Oro e il team manager delle nazionali della Federazione Pugilistica Italiana. Nato a Cinisello Balsamo (Milano) da genitori lucani, Cammarelle per la sua gloriosa carriera è stato insignito delle onorificenze di Cavaliere e Commendatore dai presidenti della Repubblica Ciampi e Napolitano; dal 2008 è pure cittadino onorario di Rionero in Vulture (Potenza), il paese natio del padre.

Cammarelle, una parola per sintetizzare la partecipazione dei nostri pugili a Parigi.

«Fallimento».

Si sperava in un paio di medaglie. Invece...

«Torniamo a casa a mani vuote. È stato un duro colpo. Ora ricostruiremo dalle basi. Cambieranno molte cose...».

Intanto la boxe come disciplina olimpica è andata ko e potrebbe essere esclusa da Los Angeles 2028.

«Il rischio è concreto. Ma non può essere un alibi per fermare la rifondazione».

Quando dice che bisognerà «ricostruire dalle basi» a cosa si riferisce?

«Alla capacità di riattivare tra i giovani la fame per la boxe il cui valore educativo rimane altissimo».

I grand commis della boxe mondiale con le loro battaglie ideologiche hanno affossato la «nobile arte».

«La guerra tra Cio e Iba fa solo vittime».

In primis: gli atleti. Il «caso Khelif» è clamoroso. Ha visto il match con la pugile algerina che ha conquistato l'oro?

«Sì. La questione è delicata perché presenta implicazioni etiche e scientifiche. Secondo me Khelif ha i requisiti anagrafici per combattere con le donne, ma vedendola morfologicamente emerge la differenza di potenza tra lei e le avversarie».

Colpa del testosterone sopra la media...

«E della mancanza di regole certe e condivise. Norme che bisogna trovare al più presto».

Bisognava agire prima. Si è perso troppo tempo. Chissà se questa contrapposizione fa comodo a qualcuno...

«Sta di fatto che Angela Carini si è trovata al centro di intollerabili strumentalizzazioni».

Un altro campione di boxe, Francesco Damiani, ha definito l'atteggiamento della Carini una «figuraccia»...

«Angela è stata travolta dagli eventi. Non era serena quando è salita sul ring».

Ha parlato con lei dopo l'abbandono che ha scatenato le «opposte fazioni»?

«Le ho suggerito di prendersi un breve periodo di riposo per riprendersi dallo choc di campagne social dal tenore diffamatorio. Denunceremo gli haters» (ieri anche lo staff di Imane Khelif ha annunciato un'iniziativa analoga ndr)».

Nella società del «tutto e subito» uno sport di sacrificio come la boxe ha ancora senso tra i giovani?

«Vado spesso nelle scuole per le campagne antibullismo organizzate dalla Polizia, vedo ragazzi interessati. A livello amatoriale le palestre di boxe sono piene. È un segnale positivo soprattutto nei quartieri difficili dove lo Stato è percepito lontano».

Il passaggio all'agonismo è invece

problematico.

«Servono maestri di boxe che siano anche maestri di vita e artigiani dell'anima. Come quello che da giovane trovai io in Biagio Pierri. Le mie medaglie alle Olimpiadi sono figlie anche dei suoi insegnamenti».

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