nostro inviato a Gelsenkirchen
Il vestito bello non l'abbiamo nemmeno sporcato. Anzi, l'abbiamo stropicciato con le nostre stesse mani. L'Italia in bianco si fa travolgere dalla Spagna. Nel gioco perché la sconfitta di misura è quasi un miracolo. Luciano Spalletti aveva capito l'antifona. Il suo «l'importante non è vincere, ma giocare bene» si rivela un mettere le mani avanti: con la Spagna manca sia l'una che l'altra cosa. Azzurri irriconoscibili, messi a nudo davanti al primo vero esame. Bocciati dopo la rimonta all'Albania, anche se per andare agli ottavi di finale da seconda del girone, basterà un punto lunedì sera a Lipsia contro la Croazia. Grazie all'uno a zero che non rende merito al divario provocato dalla Spagna. Grazie a Donnarumma.
Un tempo e oltre aggrappati al capitano. Le sue parate su Pedri, Morata e Ruiz (saranno sei alla fine), una più bella dell'altra tengono in vita nella prima mezz'ora l'Italia che lascia alla Spagna tutto. A partire dalla palla: vicino al sessanta per cento di possesso alle Furie Rosse. Di Lorenzo deraglia di fronte a Nico Williams. Ma sono tutti gli azzurri a ballare, il più presente a se stesso in avvio è Calafiori. Per il resto Jorginho intercettatore più che costruttore, mentre Barella paga la classica seconda partita dopo l'infortunio. Un assedio al quale Spalletti assiste con le mani in tasca e la testa bassa, il sussulto ce l'ha contro la panchina della Spagna dopo uno dei tanti falli azzurri. I due ct non se le mandano a dire. L'Italia stordita dal roteare degli attaccanti rivali. Il calcio relazionale di Spalletti sparisce di fronte a quello totale di De La Fuente. La Spagna attacca in verticale, con il fraseggio, correndo e con il recupero della palla. Tutto quello che vorrebbe il ct azzurro dai suoi. Siamo al «voglio, ma non posso».
Soddisfatto in tribuna Re Felipe, in uno stadio fortemente azzurro. Il primo tiro (in tribuna) è di Chiesa a pochi secondi dall'intervallo. Il bianconero si vede dopo un tempo confinato a destra, estraniato mentre Scamacca mette a tabellino solo un paio di sponde. La verità è che l'Italia non sceglie una partita di sofferenza, la subisce. Spalletti predica calcio, ma boccia le sue scelte: fuori Jorginho e Frattesi, dentro Cristante e Cambiaso. Da cambiare ce ne sarebbero molti di più. Il copione non cambia. La Spagna trova il meritatissimo gol solo sull'autogol di Calafiori nato dall'ennesima sgasata di Nico Williams che poi centra un incrocio dei pali.
Spalletti cambia anche l'attacco: fuori Chiesa e Scamacca. I cambi aggiungono qualcosa, magari anche il dubbio che confermare l'11 visto con l'Albania non fosse la via giusta.
La Spagna è una lezione nel processo di crescita di un gruppo che ha un talento sicuro in Donnarumma, mentre gli altri spariscono quando si alza l'asticella. L'Italia esce dallo stadio «miniera» con un sacco di carbone.
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