La cura Spalletti

Il ct cambia passo dopo il pari con la Macedonia e avvisa l'Italia: "Sarò ferocissimo nel fare le scelte come ho fatto nel club". Il pensiero è andato subito a Totti. E per Donnarumma bastone e carota

La cura Spalletti
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Qua la mano, Spalletti. Impeccabile il nuovo ct nel gestire e comunicare dopo la doppia grana legata al suo debutto sulla panchina azzurra. Stretto tra le ganasce di due fattori - da un lato il deludente e deprimente 1 a 1 di Skopje, dall'altro lo tsunami delle spietate critiche abbattutesi sulla sagoma gigantesca di Gigio Donnarumma - ne è uscito con abilità. Un ct, alla prima esperienza nel ruolo, ma con la saggia esperienza accumulata, poteva anche cadere in trappola. E invece Spalletti è spuntato dalla prima curva a gomito del suo recentissimo incarico con una coraggiosa manovra: una mano tesa a Gigio, rimasto asserragliato a Milanello, sua antica dimora (al contrario di Tonali uscito a firmare autografi e a regalare selfie), con l'altra una bacchettata sul portiere per reclamare la necessità di coltivare il talento, giorno dopo giorno, al fine di migliorarsi.

Perfetto. Come impeccabile è apparso Spalletti nel riferire l'esito dei suoi colloqui telefonici con un paio di assenti eccellenti, Verratti e Bonucci («mi hanno detto di essere pronti a darci una mano»), partiti per altri lidi, magari non indispensabili per età e rendimento recente, ma notizia utile per alimentare il senso di appartenenza che è l'unico cavallo di battaglia del nuovo corso nazionale.

Ecco allora che, sotto la scorza dell'abbronzatura, sembra spuntare lo Spalletti battagliero di cui c'è bisogno in queste ore delicatissime per il calcio italiano, sbeffeggiato per i tanti, troppi ritardi accumulati. «Sarò ferocissimo nel fare le scelte per il bene dell'Italia» è la sua frase a effetto che ha il compito di rimettere a posto anche una vecchia pendenza polemica, quella con Totti ai tempi della Roma, «perché l'ho fatto anche da allenatore di club per il bene della squadra» la precisazione che ha il sapore di un punto esclamativo sul contenzioso più famoso della sua carriera giallorossa. E devono essere scelte coraggiose se non proprio «divisive» come quella famosa di tenere Francesco in panchina ma di respiro identico per far cambiare marcia a una Nazionale che sembra ripiegata su sé stessa, sui propri difetti più che sui propri mezzi.

«Penso di avere una squadra fortissima» è diventato il suo mantra dal ritorno a Milano dopo il sabato grigio scuro in Macedonia e quel terreno diventato, a pareggio subito, una sorta di collettiva giustificazione. Non ci sarà nemmeno questa scusa stasera a San Siro contro l'Ucraina che ha un altro spirito calcistico e patriottico e che continua a conservare il secondo posto del girone a quota 7.

Possiamo raggiungerla solo in caso di successo che vorrebbe dire tanto per il neo ct, per il calcio italiano e anche per l'immediato futuro anche se poi la qualificazione, ricordiamolo, passerà dal viaggio di novembre in Polonia (ritorno con i nipoti di Shevchenko) per stabilire il piazzamento e quindi il destino nel prossimo europeo tedesco targato 2024.

Nemmeno gli eventuali fischi per Donnarumma possono diventare alibi e sottrarre Spalletti e i suoi al compito scontato del successo. Niente scuse, insomma. E occhio a fare qualche gol.

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