Caro Claudio Ranieri c'è la speranza che il campionato italiano possa sfruttare la scia luminosa lasciata dall'Italia di Mancini, campione d'Europa in carica?
«La risposta è positiva ma attenzione: la reputazione del calcio italiano non è più quella di una volta, quando ci davano dei catenacciari ovunque si andasse a giocare. È cambiata la scena, adesso siamo capaci di giocare a viso aperto, d'imporre il nostro gioco. Mancini in particolare ha realizzato un autentico capolavoro. Sapete perché? Perché è riuscito a mettere nella testa dei suoi azzurri, aiutati da un bel gruppo di esperti, la voglia di vincere e la fiducia nelle proprie qualità. Questo non significa che diventeremo i migliori in Europa».
E la spiegazione quale può essere?
«Noi possiamo essere migliori sotto il profilo tattico perché abbiamo conoscenze in tal senso ma ci sono altri campionati che godono di condizioni economiche e finanziarie diverse e questi fattori, alla lunga, possono pesare in modo decisivo».
A proposito: che senso ha partecipare alla stessa Champions league dove ci sono PSG e Manchester City che possono spendere perché sostenuti da uno stato e altri che devono cedere per restare a galla?
«Ha senso, invece. Perché se non hai debiti è giusto che tu possa permetterti lussi che altri, in condizioni completamente diverse, non possono realizzare. E d'altro canto, a ben riflettere, questi soldi immessi nel sistema, rimangono nel circuito del calcio europeo e quindi in qualche modo svolgono una funzione virtuosa».
Mancini ha dato fiducia e lanciato giovanissimi alla prima esperienza: nel campionato italiano è una pratica poco diffusa...
«Non manca il coraggio ai nostri allenatori, datemi retta. Se mai, in qualche caso, manca la materia prima. Se un giovane ha del talento, gli allenatori se ne accorgono. Faccio un esempio per tutti: Bastoni nell'Inter è partito dietro, è diventato titolare inamovibile ed è arrivato all'europeo prendendosi la scena. Pellegrini, ai suoi tempi, è diventato subito titolare nella Roma. Sul tema bisogna anche aggiungere che esistono i cicli generazionali. Prendete il caso dell'Olanda: ha sfornato per anni calciatori top poi si è fermata».
In Italia è di ritorno in panchina la famosa scuola toscana: Allegri, Spalletti, Sarri...
«Posso essere sincero? Sono rammaricato per l'assenza di due grandi professionisti, Antonio Conte e Rino Gattuso. Poi sono arrivati alcuni giovani che dovranno confermarsi in altre realtà. Non mi piace fare un nome in particolare».
Guardando alla sua leggendaria esperienza inglese, sarà possibile in Italia che per una volta vinca lo scudetto un Leicester? Il pensiero corre all'Atalanta.
«Impossibile perché il paragone non è pertinente. Quando sono arrivato io, il Leicester si era appena salvato dalla retrocessione nelle ultime due giornate, viveva tra prima e seconda divisione, come può succedere al Benevento o al Lecce da noi. L'Atalanta è diventata una potenza per l'abilità della gestione societaria da una parte e della ripetizione dei risultati della squadra».
Quindi lo scudetto sarà appannaggio di...
«Delle sette sorelle, né una di meno né una di più. E la filastrocca dei concorrenti fatela voi, non si sbaglia».
Caro Ranieri, lei che ha avuto Quagliarella ci spiega come mai i vecchietti terribili
continuano ancora a fare prodezze?«La spiegazione è semplicissima: perché hanno la passione per il proprio lavoro, si allenano con maniacale precisione e si divertono, requisito indispensabile per durare così a lungo».
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