Ci sono istantanee che nella storia dello sport a volte si ripetono. Così, mentre Novak Djokovic è in conferenza stampa a giustificare il suo ritiro alla fine del primo set contro Sasha Zverev («la coscia faceva male, ho resistito fino al tie break ma non potevo andare avanti. Devo capire quanto sia grave l'infortunio, mi rivedrete ancora in giro»), il suo giovane epigono scendeva in campo per conquistare la seconda finale degli Australian Open consecutiva. Jannik Sinner ce l'ha fatta: può ancora vincere il suo terzo torneo dello Slam, mentre le possibilità future di Djokovic di fare 25 si assottigliano sempre di più.
Il tempo, insomma, ha una sua logica. E questo è il Tempo del tennis italiano, che a Melbourne conquista una doppia finale perché allo showdown di domani alle 9.30 nel singolare si aggiunge quella del doppio nella nostra tarda mattinata di oggi. Bolelli e Vavassori non sono da trascurare, nel ciclone dipinto di rosso che ci ha ormai travolto: sono frutto della stessa passione, del sacrificio e della volontà che anima Jannik. Simone (a 39 anni) e Andrea (10 di meno) sono e resteranno, comunque vada, un simbolo di come non bisogna arrendersi mai. Magari (vero Nole?) facendo le cose giuste quando l'età non supporta più l'istinto.
C'è sempre un piano B, insomma, basta cercarlo. Jannik Sinner ne ha sempre uno in tasca, partito male contro Shelton tanto da dover salvare un set point nel primo set dopo aver perso il servizio due volte: «Sono felice di come ho gestito le emozioni, è stata davvero dura. Non sono imbattibile, nella mia testa so che ho 23 anni e sono ancora imperfetto: tutti commettono errori. La mia sfida è migliorare ogni giorno». In fretta anche, perché non basterà il Sinner visto in semifinale per superare lo Zverev scintillante e davvero in palla. In molti, Djokovic compreso (qualcuno dice che è perfidia la sua, ma in realtà lui e Sasha sono grandi amici) vorrebbero vederlo finalmente trionfare in un torneo maggiore e se lo meriterebbe, visto com'è tornato al top dopo l'infortunio alla caviglia di Parigi per cui ha rischiato la carriera. Ma questa volta no, caro Zverev, ci scuserai.
«Non sarà facile - ha detto Jannik -, sarà una partita equilibrata: tutto può succedere. Ci sarà tanta tensione, è bello però essere ancora una volta in questa posizione». Fin qui il Fenomeno è stato tale solo veramente con De Minaur, ed anche contro Shelton ha dovuto ricorrere a un massaggio nel terzo set per battere i crampi: «Ora farò solo un lavoro leggero, un allenamento per sentire la palla e poi mi riposerò».
Sogni da ragazzo (anche se i suoi coach dicono «a volte sembra più vecchio di noi»), mentre Djokovic esce da Melbourne battuto e fischiato, sempre contro tutti e - a volte - anche se stesso: «Non è giusto - lo ha difeso Zverev -, è il più grande campione di questo sport. Quando ho avuto bisogno d'aiuto c'è sempre stato. Non merita i vostri buuu». Eppure, chissà perché, capita sempre a lui.
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