Lo slittino in Italia ha i suoi occhi e il suo stile. Per questo per Armin Zoeggler (foto) questo giorno, anche se è cronaca di un fallimento annunciato, è «un giorno nero». «Abbiamo perso un'altra occasione», dice. Dopo 6 medaglie olimpiche, 11 mondiali e 10 coppe del Mondo, lui, classe 1974, per i 50 anni voleva, più che farsi un regalo, farlo agli altri, ai suoi degni discepoli, gli slittinisti di cui oggi è direttore tecnico.
Ci sono i cugini Kevin e Dominik Fischnaller bronzo olimpico a Pechino e una coppa del Mondo - ; c'è la figlia Nina, fra le giovani promesse che, da capitan Armin, hanno degnamente ereditato talento e gloria. E poi il bob e lo skeleton: negli sport invernali un passaggio di testimone così diretto, da un atleta leggendario e longevo che continua a vincere subito anche come Ct, è caso unico. Il tutto senza avere una pista: «Resteremo ancora più indietro rispetto ad altre nazioni, senza un luogo dove testare i materiali. Già oggi ci costruiamo le slitte da soli, ma poi ci sono costi e logistica per prenotare piste estere e riservarle solo per noi: così si uccide il movimento, in Italia possiamo a stento provare la fase di partenza».
Come ogni padre, sperava che i suoi figli sportivi non dovessero passare quanto ha passato lui. «Mi sono allenato sempre in trasferta», perché anche Torino 2006 con la pista di Cesana Torinese è apparsa da subito una cattedrale nel deserto, oggi eco mostro abbandonato. Vent'anni dopo, oltre al danno di non aver concluso nulla, di avere altre olimpiadi in casa e nessuna pista si aggiunge la beffa: dalla Norvegia alla Lettonia, al Canada, «Spesso ci alleniamo ad Iscghl, in Austria», mentre il budello più neutrale e papabile per i Giochi 2026 è ora quello elvetico di Sankt Moritz, casa Cio.
Infuriato anche Flavio Roda, presidente
Fisi: «In previsione del turn over dopo l'era Zoeggler, abbiamo continuato ad investire su bob, skeleton e slittino, nonostante siano pochi i praticanti: solo nel 2023 abbiamo investito 1.5 milioni. Ora ci sentiamo beffati».
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