Le favole, anche le più belle, hanno un inizio e uno svolgimento. Magari anche una morale. Ma comunque hanno sempre una fine. Che non è detto sia negativa, anzi. Nel caso di Christian Eriksen il finale è ancora da scrivere, è un work in progress che porterà ai prossimi Mondiali in Qatar. Noi non ci saremo, lui invece sì. E avrà il tifo di tutti gli appassionati di calcio, anche di noi italiani spettatori disinteressati.
Ma per lui la favola è già finita. L'ha già scritta. Quest'estate era quasi morto. E tutti, vedendolo disteso sul prato, inerme, hanno trattenuto il fiato pregando che si rialzasse. Non è stato facile. Prima la rianimazione in campo, poi il ricovero e l'intervento con il defibrillatore sottocutaneo che gli tiene sotto controllo il cuore. E che a causa dei severi regolamenti italiani lo ha costretto a lasciare il nostro Paese per continuare a fare il calciatore. L'Inghilterra, con il Brentford e poi il ritorno in Nazionale con apoteosi: entra, segna e l'incubo è definitivamente alle spalle. La favola, appunto. «Mi sento di nuovo un calciatore. Sono felice di essere tornato e questo è un ottimo inizio. Non vedevo l'ora, non avrei potuto avere un inizio migliore. È stato molto emozionante». Lo ammette, lo sa. Tutti gli occhi erano su di lui. «Ho avuto la pelle d'oca quando è sceso in campo. Devo dire che ci sono stati momenti in cui ero timoroso nell'affrontarlo, ho dovuto ignorare l'istinto di frenarmi» ha detto lo juventino Matthijs De Ligt che con l'Olanda l'ha sfidato l'altra sera. Ma la favola, per lui, può chiudersi qui. Ira inizia la realtà. In primis c'è un obiettivo, che gli permetterebbe di chiudere il cerchio. Dall'Europeo abbandonato in barella, al Mondiale da protagonista. Ma prima, domani contro la Serbia, il ritorno nello stadio maledetto, quello in cui sfiorò la morte e tornerà ad accarezzare la gioia di una maglia da titolare. «Ora punto al Mondiale in Qatar», ha ammesso. Perché lui, pur consapevole di essere un miracolato, ora pensa solo a quello che è e che è sempre stato. «Sono sempre lo stesso calciatore con le stesse qualità. Non sento nessuna differenza. Ogni articolo con immagini e foto riporta alla mente ricordi di quel momento, ma non sarà sempre così.
Ora si è tornati a parlare del calciatore più che dell'uomo che è stato assente per qualche minuto durante gli Europei».Uno come gli altri. Magari più bravo degli altri ma non da guardare o da affrontare con occhi diversi. Eriksen è tornato. È di nuovo un calciatore. Forte. Basta retorica, il suo lieto fine è questo. E scusate se è poco.
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