Niente dedica. Alla memoria di Marchionne. Tutto rimandato. Ferrari listata a lutto, minuto di silenzio in griglia, fasce nere al braccio, facce tese da gara e sguardi tristi reduci da giorni tragici. Con l'ex presidente nel cuore. Ma niente dedica. Non si può. In una settimana è cambiato il mondo a Maranello e dintorni. La tragedia umana di Marchionne, il disastro sportivo della squadra e le vittorie che dovevano arrivare e sono invece finite in casa d'altri. A Hockenheim la Rossa poteva stravincere ed è successo quel che sappiamo: errore del tedesco sotto la pioggia. Doppietta anglo-tedesca e addio leadership in entrambi i mondiali. E qui, ora, nonostante i due ferraristi sul podio dietro a uno splendido e perfetto e infinitamente fuoriclasse Hamilton, non è andata peggio però un brutto segnale è comunque arrivato: perché sabato, di nuovo sotto la pioggia, Sebastiano non ha dato il massimo e perché qui dove il Cavallino galoppava veloce quando ancora non era così veloce, qui non si supera e se poi, al pit stop, s'inceppa il dado dell'anteriore sinistra, va a finire che si perdono due secondi preziosi come l'oro. Avrebbero rispedito Vettel in pista davanti a Bottas e con i tempi super della Rossa su pista asciutta e incandescente, magari Seb non avrebbe passato Hamilton però non gli avrebbe nemmeno reso la vita così facile. Peccato. Dieci giorni fa lui e la Ferrari avevano otto punti di vantaggio sull'inglese e si apprestavano a due corse su circuiti amici. Fossero riusciti a tradurre entrambi gli appuntamenti in vittorie, fossero riusciti a rendere al pari del proprio potenziale, ora saremmo qui a parlare del vero allungo mondiale. Non possiamo.
Niente dedica, niente omaggio. Seb secondo e Kimi terzo. Anche se la miglior macchina in pista è ormai la loro. Non lo sono però i suoi piloti. Vettel non sta ad Hamilton così come Raikkonen non sta a Bottas. Uno per il titolo, l'altro per il gregariato. Tanto più che sulla pista in cui non si supera è andata in scena una gara di ciclismo. Dove a decidere cose sono stati più i compagni che i capisquadra. C'è una nazione che ne sforna con generosità. Si chiama Finlandia. Kimi Raikkonen e Valtteri Bottas sono ormai abituati a interpretarne il ruolo. Uno male e uno bene. Al via Kimi avrebbe dovuto azzannare il connazionale sparigliando il duo uber alles là davanti e invece ha combattuto soprattutto con la borraccia dell'acqua che non funzionava. Valtteri doveva invece proteggere a tutti i costi il compagno inglese e questo ha fatto dall'inizio alla fine. Di più. Alla fine si è superato: ha visto talmente rosso che a cinque giri dalla bandiera a scacchi ha tirato la staccata a Vettel che lo attaccava per la seconda posizione, finendogli addosso. Assolto dalla Ferrari, assolto dai giudici, assolto da Sebastiano che ha detto «non aveva più gomme, non poteva fare altro». Ma non assolto da se stesso: «Ho bisogno di andare via da qui, di vacanza, di non parlare più di F1... Wolff dice che sono stato un perfetto gregario? Mi ferisce...».
Resta il fatto che Bottas l'ha fatta comunque sporca: sapeva che alla peggio sarebbe finito fuori assieme al tedesco. Solo un miracolo polimerico ha impedito che la gomma di Seb esplodesse infilzata dai detriti dell'ala della sua Mercedes. Se fosse accaduto, anche i capi Ferrari avrebbero avuto da dire qualcosa. Tanto più che Bottas ha visto rosso anche subito dopo, con il povero Ricciardo che di solito veste in blu: più o meno stessa manovra.
Posizione poi ripresa dall'australiano all'ultimo giro e giudici che a fine corsa hanno punito Bottas con 10 inutili secondi. Strana benevolenza. Stile due pesi e due misure. Vettel, per manovre simili, vedi Francia, sempre punito. Mondiale difficile per la Rossa. E intanto niente dedica.
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