Fiamingo, argento amaro la spada rompe il ghiaccio

La catanese avanti 11-7, ma si ferma sul più bello e all'ungherese Szasz riesce la rimonta finale

Fiamingo, argento amaro la spada rompe il ghiaccio

nostro inviato a Rio de Janeiro

Annoto, tocco e infilzo. Come in amore, come quando stai cercando di riannodare una storia storta, lì ti giochi tutto, ma proprio tutto, e la riporti a casa. Rossella Fiamingo non si arrende fino a quando non è finita. Come ai quarti contro la coreana Choi In-Jeong. Non importa se sei sotto di quattro come in semifinale, contro una ragazza cinese che ti batte in allungo, non importa se Sun Yiwen un po' ti fa paura, c'è sempre uno spiraglio per non mollare. E allora ti riprendi il futuro un passo alla volta, sapendo che basta un passo falso per stare fuori. L'importante è essere chiari, senza ombre. Rossella dice che ha scelto la spada perché le regole sono semplici: chi tocca per primo fa punto. Niente ambiguità, per favore. È lo stesso discorso che ha fatto al suo ritrovato amore, Luca Dotto, il nuotatore, quello che si fa chiamare il bomber, che per un po' sembrava sbandasse verso Costanza Di Camillo, nuoto sincronizzato, sirenetta. Annoto, tocco e infilzo. Si erano lasciati, Rossella e Luca. Si sono ritrovati. La spada non sopporta incertezze.

Rossella è qui con due mondiali vinti sulle spalle. Qualche volta possono essere un peso, se ti prende la paura, se la forza s'incrina, se ti spendi per quello che si aspettano gli altri e non per te. La paura ti frega. L'antidoto è la musica. A Londra ascoltava house music, qui ha scelto il raggatime. La musica classica, è diplomata in pianoforte, è per il dopo, quando ormai non puoi farci più nulla, devi solo rilassarti.

La finale puzza di beffa. Troppe rimonte stancano, bisogna combattere contro se stessi, contro la paura di vincere. È lì che tutte le streghe ti saltano addosso. Quando stai a un passo, a un solo passo, dall'oro. E ti blocchi. Non riesci a superare quella linea invisibile, quasi non lo vuoi. Vincere significa tradirsi? Cavolate. Questi sono alibi e gli alibi smarriscono. C'è una musica per la vittoria e chissà se ti piacerà. Sarà la tua o quella dell'ungherese? Ci vuole follia a fermarsi proprio lì, sul confine. Una ragazza saggia non lo farebbe, ma forse Rossella non lo è. A venticinque anni non ha ancora voglia di esserlo. Ora si sale il pedana, Si mette in scena l'ultimo spettacolo.

Avanza, annota, tocca e infilza. Il palazzetto lo sente, si alza il coro Italia e tu ti porti dietro la tua Catania, adesso davvero non hai più paura. Ci sei. L'ungherese Szasz prova l'ultima disperata difesa. Si sentono tintinnare le lame. Undici a sette, undici a otto, undici a nove. Che sta succedendo. Undici a 10, ora la spada trema. Sei tu, Rossella, che senti il tocco alle spalle, e non senti più il cuore. Dodici a undici. Il palazzetto è senza fiato. Tocco, arretro, tocco. Alt, pausa, questo duello non finisce più. Dodici pari. Poi tredici a dodici, ora l'ungherese è in vantaggio.Sta accadendo quello che non deve succedere. È come nel Maestro di scherma di Pérez-Reverte: «Nessuna trappola è efficace senza la complicità inconsapevole della vittima». Rossella pensa che la paura è una lama di striscio. Quattordici a tredici.

Speri nell'ultima improbabile rimonta. Non tutti i fili però si possono riannodare. Qualche volta si cade, sull'ultimo metro. Emese Szász piange lacrime di gioia. Rossella si ferma sull'argento. È la prima medaglia italiana di Rio 2016.

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