"Bati Bati Bati Batigol... Batigol... Batigooool". Per un intero decennio, gli anni Novanta, Firenze era ai piedi di un gringo argentino armato di mitra e affamato di gol. Chi ama il calcio ha capito che il protagonista di questa storia è Gabriel Omar Batistuta. Per i tifosi di tutta Italia, in particolare quelli della Fiorentina, più semplicemente "Batigol". Soprannome che il bomber nato ad Avellaneda e di origini italiane (il trisnonno Domingo era nato a Cormons, in Friuli, e si chiamava Batistutta, con due "t") si era conquistato a suon di bordate verso la porta avversaria. Era potente, Gabriel. Nei piedi aveva l'esplosivo, tanto che le sue conclusioni dalla distanza superavano i 100 km orari. Un predestinato, direbbe qualcuno. E invece no, perché da ragazzo Batigol praticava pallavolo e pallacanestro. Poi, a 16 anni, la svolta: gli regalano un pallone da calcio. Lui lo snobba, poi se ne innamora.
Il resto è storia. Le giovanili del Newell's Old Boys, il soprannome di "Gordo" per qualche kg di troppo, il passaggio nel giro di un anno dal River Plate al Boca Juniors. Come se in Italia, con le dovute proporzioni, si lasciasse Bergamo per andare a Brescia. Chiedere per informazioni a Fabio Gallo, storica bandiera dell'Atalanta e aggredito a muso duro dai tifosi delle Rondinelle dopo esserne diventato l'allenatore in seconda. Gallo, da giocatore, aveva lasciato il Brescia per i cugini. Certe cose non si dimenticano. Come i nove anni fiorentini di Batistuta, strappato nel 1991 alla "Bombonera" dalla pantagruelica ambizione di Vittorio Cecchi Gori. Eppure l'inizio non era stato facile. I 29 gol segnati nelle prime due stagioni a Firenze non bastarono a evitare l'onta della retrocessione. "Sei uno di noi, non te ne puoi andare". Batistuta no, non è uno che lascia le cose a metà. "Vi riporto in Serie A".
Detto, fatto. È nel 1994 che la parabola italiana di Batistuta comincia a impennarsi. 26, 19, 13, 21, 21, 23. Sono le reti messe a segno da Batigol nelle successive sei stagioni. Di destro, di sinistro, di testa. In acrobazia, in diagonale, su calcio di rigore (ma è meglio non dirglielo, visto che i tiri dal dischetto non erano la sua specialità). Non importa. Nel calcio italiano degli anni Novanta, quando il Tricolore comandava in Europa e c'erano soldi da spendere, tanti soldi, non sempre puliti, per portare in Serie A il meglio del panorama internazionale, Batistuta era il meglio che esistesse sulla piazza. Altri numeri. 49: sono le squadre italiane a cui ha segnato almeno un gol: record. 11: le partite consecutive in Serie A in cui è andato a segno. Altro record condiviso ora con Fabio Quagliarella. Ma non ditelo ai fiorentini. Se lo fate, vi correggeranno spiegandovi che in realtà le partite non sono undici ma 13, dovendo considerare anche quelle del campionato precedente. 12: le reti realizzate nelle sue prime 11 presenze con l'Argentina. E poi le due triplette infilate in due edizioni diverse di Coppa del Mondo: a Grecia (21 giugno 1994) e Giamaica (21 giugno 1998).
E poi tutto il resto. L'esultanza del mitra a precedere le pistole fumanti di Piatek, il bacio con dichiarazione d'amore alla sua Irina a favor di telecamera, lo scudetto con la Roma e la breve esperienza all'Inter, fino al viale del tramonto imboccato mentre le cartilagini delle ginocchia cominciavano a cedere sotto il peso di un "Re Leone" - questo l'altro suo soprannome celebre - con una criniera ormai raggrinzita. "Dottore, non ce la faccio più: mi amputi le gambe". L'addio al calcio gli aveva tolto il senno? Macché, il dolore era fortissimo, insopportabile. Poi, finalmente, la guarigione. Oggi Batistuta è diventato uno splendido 50enne.
Firenze, la sua Firenze, quella dove sono nati uno dopo l'altro i suoi tre figli, si prepara ad accoglierlo con un evento speciale. Una mostra che racconterà ai bambini viola ciò che il campione della pampa è stato per i loro papà. Tanti auguri, vecchio Re Leone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.