"Fisico e psiche tutt'uno nell'azione". Intervista a Gabriele Sol

Il segreto svelato dal mental coach: "Dote rarissima"

"Fisico e psiche tutt'uno nell'azione". Intervista a Gabriele Sol
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Ha incantato il mondo, con i suoi colpi, con la semplicità del gesto. Jannik Sinner fa parlare, gioire e discutere.

Quello che colpisce è la sua forza mentale, quella che gli consente di tenere alta una concentrazione che nel tennis se non è tutto è molto. Se poi agli avversari da affrontare si moltiplicano, lui non fa un plissé e va avanti, come se niente fosse.

Jannik non urla. Non sbraita. Mantiene la sua linea perfetta di rotta. E la domanda più gettonata è: ma come fa? L'abbiamo chiesto a Gabriele Sol, 58 anni, da anni «mental coach» e «mental training», per dirigenti d'azienda e tanti sportivi.

Come fa ad essere così?

«Sinner ha la grande capacità di sciogliersi totalmente nell'azione. Fa in modo che ogni molecola del suo essere la parte fisica e la parte mentale sia totalmente disciolta nell'azione. Non c'è altro. E questa è una capacità rarissima».

Una capacità che lo porta ad entrare in una sua bolla.

«Esattamente. Lui è bravissimo in questo: è un vero fuoriclasse. Un prodigio assoluto, perché per essere un atleta come lo è lui non è solo necessario avere dei grandi colpi, ma lui è capace di entrare in quel flusso, in quel flow, in quello stato ideale in cui non esiste di fatto pensiero. Perché la regola è sempre la stessa: meno pensi meglio fai. Più le circostanze assumono quelle caratteristiche che creano pensiero all'atleta, più lui riesce a trovare rifugio nell'azione e svolgere in modo corretto il suo compito, facendo in modo di giocare mentalmente nel campo dell'avversario, di essere da un'altra parte con lo spirito».

Ma secondo lei è nato così o ci ha lavorato?

«Secondo me entrambe le cose. Lui certamente è predisposto, questo mi sembra evidente. Probabilmente per la famiglia, l'educazione ricevuta, il luogo dove è cresciuto che è un luogo incantevole e di assoluta pace (Sesto Pusteria, ndr), poi credo che ci abbia anche lavorato. Domenica è stato semplicemente pazzesco. Cosa ha dovuto superare questo ragazzo? Un avversario di livello mondiale, un campo con un pubblico educato ma chiaramente di parte: è la condizione in assoluto più esigente e più insidiosa di tutte, che lui ha saputo dominare alla perfezione. Sono convinto che ci abbia lavorato e che attorno a lui abbia creato un microcosmo che ora è sottovuoto».

Cosa la sorprende più di questo ragazzo?

«La naturalezza. Il fatto che lui sia entrato in una dimensione in cui tutto ciò che accade e tutto ciò che lui fa accadere avviene nel modo più semplice e naturale possibile. È la stessa semplicità con la quale alla fine di una sfida pazzesca lui dedica con commozione la vittoria alla zia malata.

Lui è potentemente disarmato. È come se lui cavalcasse un'onda potente sul piano atletico, agonistico e emotivo anche quando le circostanze sono particolarmente avverse: anche in quei momenti lui trova sempre lievità e semplicità».

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