Froome e il mistero doping. "È una questione riservata..."

L'inglese prepara il Giro e glissa sul caso: "Non dovrebbe parlarne nessuno. Il via in Israele? Corro dove mi dicono"

Froome e il mistero doping. "È una questione riservata..."

Arco - Sereno, sorridente e in anticipo. L'appuntamento è al Casinò di Arco, da dove oggi scatterà la prima tappa del Tour of The Alps (Arco-Folgaria, 134,6 km), e Chris Froome ci arriva con dieci minuti di anticipo.

Disponibile e rilassato come pochi. Chi si aspetta di vedere un Froome cupo e poco incline alle pubbliche relazioni, è chiaramente smentito. Il britannico del Team Sky, da oggi atteso protagonista della corsa allestita dal Gs Alto Garda, che terminerà venerdì prossimo in Austria e che sarà il naturale viatico verso il Giro d'Italia (il via il 4 maggio, da Gerusalemme), si concede ai tifosi senza se e senza ma. C'è chi vuole la foto tradizionale, chi un selfie e chi l'autografo: con calma, il buon Chris, accontenta tutti.

In ogni caso è necessario fare anche un riassunto delle puntate precedenti, nel senso che è bene ricordare quale sia oggi la posizione del trionfatore di quattro Tour. Froome corre con una spada di Damocle sul caschetto, in attesa che si chiarisca il procedimento disciplinare in corso per la sua positività al salbutamolo. Il caso al momento è nelle stanze del Tribunale antidoping dell'Uci, che è chiamato ad esaminare il caso più importante da quando, nel gennaio 2015, è stato istituito.

Il 32enne britannico di Sky è stato trovato il 7 settembre alla Vuelta (poi vinta) con un valore di salbutamolo (principio attivo del Ventolin, un anti-asmatico) doppio nelle urine rispetto al consentito: 2000 nanogrammi/ml contro 1000. Se lo staff legale del corridore britannico non riuscirà a provare la buona fede di Froome, c'è il rischio più che concreto di 2 anni di stop.

Questa è la situazione e non è un caso che la prima domanda sia proprio sull'argomento. È chiaro che Froome se lo aspetti. Ed è altrettanto chiaro che la prima domanda sul caso salbutamolo e su quella soluzione che non arriverà certamente prima del via del Giro d'Italia, non lo sorprenda minimamente.

«Lo so, il presidente dell'Uci David Lappartient ha commentato in più occasioni la vicenda di cui sono protagonista ha spiegato con grande garbo e pacatezza il britannico, che ha però invitato la tivù tedesca a cambiare domande -. Si tratta di una questione che doveva rimanere privata. Non voglio e non posso commentare ulteriormente e non dovrebbero farlo neanche gli altri».

Reduce da due giorni sulle strade del Giro, per ripassare lo Zoncolan («mi è sembrato meno duro di quanto me lo ricordassi») e studiare la crono di Trento, Froome non guarda alla cabala. «So che la mia Sky ha vinto le ultime tre edizioni di questa corsa, ma non è che poi abbia fatto benissimo al Giro: mi auguro che a me vada un po' meglio».

Poi gli fanno notare che in questa stagione non ha ancora vinto una corsa: «Non sono preoccupato: anche un anno fa arrivai al Tour a secco, e poi sapete come è andata. Certo, se riuscissi ad arrivare al Giro con una vittoria, darebbe più fiducia, ma non è un requisito fondamentale».

E a proposito di Giro: il via da Gerusalemme non la preoccupa?

«Non voglio essere coinvolto in questioni politiche. Io sono un ciclista: se la gara a cui parteciperò parte da Gerusalemme, io sarò al via senza problemi».

Il britannico ha al proprio fianco Fabio Aru («Sulle strade d'Italia voglio divertirmi e far divertire», commenta il sardo), che ascolta interessato.

Cosa pensa dei suoi avversari in chiave corsa rosa?

«Non c'è un uomo che mi preoccupi più di un altro: una

classifica dei pericoli si potrà fare solo quando cominceranno i distacchi. Si partirà tutti alla pari, gli avversari li deciderà la corsa».

Disponibile, educato e pronto a rispondere. Certo, se avesse anche detto qualcosa...

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