Quel che resta di un Tour: la prima volta di un inglese, la prima volta di due inglesi assieme. E' l'unica verà novità che riuscirà a fare storia. Il resto è tutto così dannatamente scontato e prevedibile da meritare un immediato oblìo.
Da anni il Tour non si rivelava così fiacco e così monotono. A parte quell'Evans uscito di scena troppo presto, unica variabile impazzita in tre lunghe settimane, tutto il resto si allinea diligentamente e rigorosamente alla sceneggiatura già scritta. Questo Tour 2012 nasce e muore nell'autunno 2011, quando i francesi lo presentano con la solita aria di presentare l'invenzione del fuoco. Cento chilometri a cronometro, due soli tapponi veri. Come mettere una pistola in mano al killer professionale e dirgli: spara. Il killer del caso, il superspecialista cronoman Wiggins, puntualmente spara. Sulla Croce Rossa e sul Tour. Già alla nona tappa, prima frazione contro il tempo, il bersaglio è sbriciolato. Il resto secondo dovere: gli avversari, cioè solo Nibali, ci provano sulle - poche - montagne vere, Wiggins si difende sfruttando le sue attitudini medie in salita. E perché non gli manchi davvero nulla, al suo fianco anche il migliore degli scudieri, una vera arma di distruzione di massa, quello che nemmeno il più spudorato dei farneticanti potrebbe chiamare gregario: Froome. L'hanno capito tutti: non fosse che la tv degli effetti speciali, Sky, avesse investito e programmato tutto su Wiggins, pagando bene Froome per stare al suo posto, il vincitore più giusto e più meritevole sarebbe proprio lo scudiero. Solenne carognata? Cinici calcoli di squadra? Questo è lo sport: il capitano fa il capitano, il gregario fa il gregario. Il gregario vince quando il capitano scoppia, altrimenti sta lì al suo fianco. E lo aspetta pure, anche se si sente - ed è - più forte sulle montagne. Tutto il resto è chiacchiera.
Poi c'è la storia particolare di Nibali, il cui scudiero si chiama Basso. Il siculo-toscano si laurea a pieni voti, anche se è soltanto terzo. Di più, con tutta quella cronometro, con così poca salita, non gli si potrebbe chiedere. Qualche anima bella tira una conclusione apparentemente elementare: Nibali doveva rimontare in montagna il distacco accumulato a cronometro. Fosse così aritmetico, il ciclismo sarebbe una grande boiata. In realtà, è molto più complicato. Per quanto riguarda Nibali, c'è poco da imputargli: da sempre, su tutti i terreni, è molto più complicato attaccare che stare a ruota. Per una questione fisica, aerodinamica, ma soprattutto psicologica. Per capirci anche coi calciofili: più facile fare gol o difendere lo zero a zero? Ecco, Wiggins si è portato subito sul due a zero (con due rigori senza portiere) alla nona tappa, quindi si è messo comodamente a fare melina in mezzo al campo. Hai voglia di fargli tre gol, con quel Froome a coprirgli pure le spalle
Non ci sono margini. Non ci sono se, ma, però. Non ci sono rimpianti. Noi ci teniamo stretto il miglior Nibali possibile, ormai garanzia assoluta per le grande corse a tappe. Gli inglesi si tengono strettissimo il primo enorme trionfo del loro adolescente ciclismo.
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