Fuga per la vittoria, che non sarà facile per non dire impossibile, ma uscire dal bunker azzurro, da quel buen retiro dorato nel quale è finita la nazionale azzurra di Cassani e Nibali, ha già il sapore della vittoria più desiderata e agognata. Una settimana ai domiciliari, con l'obbligo di uscita per gli allenamenti, non per onor di firma, ma per necessità fisica e psicologica. «È chiaro che c'è di peggio, ma non è il massimo dover restare in albergo per tutto il tempo», ci spiega Vincenzo Nibali, alla quarta olimpiade, pronto a guidare sul circuito olimpico Damiano Caruso, Alberto Bettiol, Giulio Ciccone e Gianni Moscon. «L'albergo è molto confortevole ci racconta Cassani -, ma la voglia di uscire c'è. Io, in verità, ho provato a fare anche una corsetta, ma mi sono venuti a prendere immediatamente per le orecchie».
C'è voglia di evadere, anche con la fantasia. C'è voglia di prendere il volo e, per questo, Alberto Bettiol e Giulio Ciccone sono venuti qui con due droni. «Giocano come bimbi nella hall dell'albergo o nel parcheggio ci spiega il ct che aggiunge un episodio -. Siamo talmente blindati, che nel parcheggio ci sono dei birilli, che nessuno può oltrepassare. Ieri mattina - per due ore - un giapponese è rimasto immobile a fissare l'ingresso dell'albergo, vestito di tutto punto con maglia azzurra, al di là dei birilli. Ad un certo punto gli sono andato in contro e in inglese gli ho chiesto cosa volesse. Lui, mostrandomi una foto, mi ha fatto capire che avrebbe voluto un nostro cappellino. Allora sono salito in camera, l'ho preso e sono tornato da lui che incredulo non la finiva più di ripetere «happy happy happy».
Felice, ma un po' sotto stress, è il dottor Emilio Magni, il referente anti-Covid della spedizione. «Ogni mattina tutti noi dobbiamo fare un test salivare che io stesso raccolgo ci racconta -. Se non arrivano risposte, vuol dire che va tutto bene, altrimenti in caso di positività o di dubbio viene avvisato il Clo (Covid liaison officer, ndr) che per la Federciclismo sono io, che deve sottoporre ad un test salivare molecolare la persona sospetta».
Ad addolcire però questa permanenza giapponese blindata ci pensa Mirko Sut, il cuoco della Nazionale di ciclismo, 32enne di Concordia Sagittaria (Venezia) che nel frattempo ha stretto un patto con i suoi omologhi del Sol Levante: «Ogni giorno io cucino per loro pranzo e cena italiani, in cambio loro mi insegnano un piatto tipico. Ieri ho fatto provare loro i gnocchi e io ho scoperto la ricetta della tamagoyaki, la omelette giapponese che viene preparata con una tipica pentola quadrata, nella quale viene girata tante volte».
Mirko conosce bene gli azzurri, ognuno ha esigenze proprie, gusti personali, eventuali intolleranze, allergie e diete speciali.
«Sono tutti ghiotti di crostata, in particolare di quella che preparo loro con ricotta e cioccolato». E in caso di fuga per la vittoria? «Tocco ferro, ma so che i ragazzi vogliono il sushi» ma, assicura, «anche il tiramisù».
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