È il Mondiale delle sorprese, anche se ha vinto il favorito Belgio. Alzi la mano infatti chi avrebbe pensato che il Giappone sarebbe rimasto aggrappato alla partita fino a 17 secondi dalla fine, punito da un contropiede finalizzato da Chadli, uno dei due subentrati nella ripresa. L'altro, Fellaini, aveva riportato in parità il Belgio dopo l'incredibile uno-due giapponese a inizio del secondo tempo. Il talento il Belgio l'ha sempre avuto. Contro il Giappone ha mostrato anche carattere, un elemento che in passato ha latitato spesso.
Con la Spagna fuori dal Mondiale, un certo tipo di calcio creativo di derivazione guardioliana sopravvive attraverso Roberto Martinez, catalano proprio come il suo principale punto di riferimento, Guardiola appunto. Il suo Belgio è frutto di una filosofia chiara, articolata, che non ammette ripensamenti né deroghe, anche a costo di compiere scelte impopolari (vedi l'esclusione di Nainggolan). Martinez ha sempre tirato dritto: «Siamo qui per giocare a calcio». Un comandante che sembrava disposto ad affondare con le proprie idee, senza prevedere un piano B. Che invece Martinez ha avuto l'umiltà, e la bravura, di prevedere, attraverso l'inserimento di Fellaini, ovvero chili e centimetri fondamentali per un duplice motivo: il primo, evidente, è rappresentato dalla rete del 2-2 realizzata con un colpo di testa dei suoi; il secondo riguarda l'aspetto tattico, con il talento di De Bruyne finalmente liberato dai compiti di copertura che è costretto a svolgere giocando accanto a Witsel, e quindi riportato nella sua posizione naturale di numero 10. Dietro poi il Belgio è passato a difendere a quattro, mettendo qualche steccato alle praterie che si erano aperte dopo il vantaggio giapponese. Il Belgio conferma che il reparto arretrato è il suo ventre molle. Non è ovviamente un problema di modesta qualità degli interpreti (anche se l'errore di movimento di Vertonghen sul gol Haraguchi è stato da matita blu), ma proprio di assetto della squadra, con tutta probabilità quello a maggior trazione anteriore di tutto il Mondiale. Chissà se per la sfida con il Brasile Martinez riproporrà ancora la squadra sterile del primo tempo, oppure lascerà qualche stella in panchina a favore di un assetto più solido. Intanto ha evitato i fucili, che i media avevano già caricato: alla vigilia infatti il ct ballava in allenamento, mentre Mertens tra i peggiori ieri - scherzava sulla promozione della catena di elettrodomestici Krëfel (televisore rimborsato agli acquirenti se il Belgio avesse segnato 15 o più gol al Mondiale).
Il Giappone esce con onore.
Nishino, chiamato dalla Federcalcio nipponica poco più di due mesi dal Mondiale per restituire al Giappone la sua tradizionale identità calcistica, è noto in patria come l'artefice del miracolo di Miami, perché Nel 1996 alle Olimpiadi di Atlanta con il suo Giappone sconfisse 1-0 il Brasile di Rivaldo, Roberto Carlos, Bebeto, Aldair, Dida e Ronaldo. Ne stava compiendo un altro, anzi, un terzo, visto che già il passaggio agli ottavi, con una squadra guidata solo da maggio in avanti, può essere considerato una piccola impresa.
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