Croazia docet. Il calcio al calciatori

Le peculiarità nella nazionale di calcio della Croazia

Croazia docet. Il calcio al calciatori
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Bene ha detto il presidente della Federcalcio ricordando a tutti che «abbiamo una squadra normale». Lucio Dalla cantava «l'impresa eccezionale è essere normale», dove l'aggettivo non va confuso con normalizzazione che nell'idea comunista porta alla rivoluzione con successivo controllo sociale e pulizia della società stessa. Occhio a usare certe parole, perché siamo comunque reduci da due mondiali visti alla tivvù ma, mentre dopo la prima mortificazione il governo federale presentò le dimissioni, dopo la seconda mancata qualificazione nulla è accaduto. Il sistema calcio ha bisogno di un vero profondo cambiamento, non anagrafico, ma di struttura e competenze. Oggi la nazionale affronterà la Croazia che ha vissuto un'epoca dorata, nella realtà di un Paese di 3 milioni e mezzo di abitanti, la congiuntura va fatta risalire alle scelte istituzionali, dal 2012 al 2021 il presidente della Federcalcio croata è stato Davor Suker, sicuramente il più grande calciatore della storia dello Stato balcanico. Il calcio ai calciatori, come sostiene Michel Platini e come ribadisce la maggioranza di coloro che partecipano a questo gioco, allenatori e calciatori appunto. Invece è accaduto e accade che questo sport di popolo sia gestito da un apparatcik che provvede a stabilire e imporre leggi e regolamenti senza conoscerne appieno le conseguenze nell'ambito agonistico. L'ultimo esempio viene da Arsene Wenger ex allenatore dell'Arsenal e oggi responsabile dello sviluppo mondiale del calcio (?!?) nella Fifa.

Il tecnico francese ha presentato la riforma del fuorigioco, restituendolo all'antico significato, dunque non deve esserci alcun contatto tra l'attaccante ed

il difendente, non gomiti, polpacci, mani, testa ma tutto il corpo deve essere al di là dell'avversario. La riforma trova ostacoli, indovinate da chi. Viva Arsene Wenger e Davor Suker. Ovviamente, un po' meno la Croazia.

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