
La capacità di violare i teatri più importanti c'è sempre stata, anche nelle stagioni più avare di gol in Champions League. Prima di Monaco, Lautaro Martinez aveva già segnato in casa del Real Madrid (si giocava a Valdebebas, per la ristrutturazione del Bernabeu), del Liverpool, del Dortmund e per due volte del Barcellona. La novità è che quest'anno il Toro di Simone Inzaghi segna in Champions con una frequenza (7 gol in 10 partite, media 0,7) che è esattamente il doppio di quanto fatto complessivamente in carriera (19 in 54 partite, media 0,35), perché c'è stato un lungo tempo in cui non lo faceva quasi mai, basti pensare ai soli 3 gol nelle 13 partite che hanno portato alla finale di Istanbul (2022-23) o all'unico gol segnato al primo anno di Inzaghi (quello inutilmente vincente nell'ottavo di Liverpool).
Il gol di Monaco è stato un capolavoro, dipinto d'istinto con l'esterno del piede destro, dopo che Lautaro, ha confessato, era andato sul pallone per scartare col sinistro il cioccolatino che gli aveva offerto Thuram. Ma in assoluto è stata la sua partita a essere gigantesca, prezioso in difesa nei momenti più difficili, capace di fare e calamitare falli, decisivo anche nell'azione del gol vittoria, un contropiede a velocità supersonica che è il manifesto del calcio di Inzaghi: 5 giocatori (Sommer, Barella, Lautaro, Augusto, Frattesi), 5 passaggi (2 di Barella), nemmeno 12 secondi, con 3 nerazzurri nell'area avversaria. Da insegnare alle scuole calcio e con un Carlos Augusto così, Dimarco può persino evitare di entrare in campo e provare magari a esserci già sabato contro il Cagliari.
Perché c'è anche questo da spiegare sulla bugia bianca che Inzaghi ha detto a Monaco a proposito dei 4 cambi di Parma. Non erano tutti infortunati (non lo era Calhanoglu, non lo era Lautaro), ma la sostituzione era indispensabile per averli poi nelle condizioni viste all'Allianz Arena. L'esito del campionato è il metro con cui sarà giudicata la stagione dell'Inter, ma un'eventuale semifinale di Champions non potrebbe non essere applaudita. Inzaghi sa bene che il Bayern non è rassegnato e che forse per il ritorno di mercoledì, Kompany («hanno festeggiato troppo», ha detto infastidito il tecnico belga) recupera qualche giocatore (non Musiala).
Già al lavoro dopo il rientro dalla Baviera, l'Inter ha nel mirino il Cagliari (sabato alle 18), la tappa di mezzo e apparentemente anche la più semplice del suo mese infinito, con 9 partite in 29 giorni (dall'Udinese il 30 di marzo alla Roma il 27 aprile) nei quali di fatto si gioca la stagione.
La speranza di Inzaghi è di prolungare un altro po' le fatiche infrasettimanali, viste le date delle semifinali di Champions, previste a fine aprile e inizio maggio. Diventerebbero 13 partite in 43 giorni (poi potrebbe esserci anche la finale secca di Coppa Italia, in calendario il 14 maggio e allora diventerebbero 15 in 50; ma questo è un altro discorso).
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