Depressi dalla penalizzazione di 2 punti per il prossimo campionato della Virtus, nell'anno orribile dello sport bolognese, eccoci davanti alla fuga di Daniel Hackett dal raduno della nazionale di basket a Trieste dove era fermo in "riparazione" in attesa di unirsi al gruppo, impegnato nel torneo di Sarajevo (ieri vittoria sulla Bosnia 75-70). Doveva essere un pilastro, da due anni è soltanto un problema
Dolorosa separazione come quella dell'anno scorso quando rinunciò agli europei in Slovenia mandando su tutte le furie il presidente Petrucci che adesso ha deciso di usare la maniera forte chiedendo il deferimento del giocatore che rischia una squalifica da 5 a 12 mesi. Tempesta prevedibile quando hai a che fare con uno che non ha mai nascosto di sentirsi soffocare in questo basket, anche se non è colpa di nessuno se la Nba non lo chiama.
Il furore di Hackett rimbalza dal suo sito nella notte. Lui giustifica la partenza senza autorizzazioni con il fatto che soffre ancora per la tendinite, ha un problema al costato e una discopatia. Da Roma replicano che esiste uno specifico progetto denominato "pro Azzurri" per monitorare, settimanalmente, collaborando coi medici di società, i giocatori della rosa di Pianigiani. In questo caso lui s'è presentato a Trieste dopo essersi sottoposto alle visite a Milano. I referti a disposizione, contrariamente a quello che dice il giocatore, non hanno evidenziato alcuna limitazione per la ripresa dell'attività. Hackett replica di essersene andato con la coscienza a posto perché sentiva di non essere in una vera squadra (?).
Punti di vista non nuovi per questo giocatore che già lo scorso anno era entrato in conflitto con il "sogno di Rio" di Petrucci. Era stato ricucito tutto nel momento in cui Siena affondava e Hackett veniva ingaggiato a Natale dall'Armani con un contratto di 800mila euro a stagione. A Milano era partito bene, poi una crisi fisica, mentale, troppe notti insonni, ma alla fine era arrivato il 26° scudetto e tutto sembrava sistemato.
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