
L'Inter saluta la compagnia e lascia a piedi Atalanta e Napoli. La corsa è ancora lunga ma i segnali sono forti, la vittoria è stata netta, chiara, al di là del risultato; football veloce, autorevole ed autoritario, quello dei campioni d'Italia, il gioco di Inzaghi ha messo subito in ansia Gasperini che poco o nulla ha capito, cambi in ritardo, nuove difficoltà negli impegni casalinghi, ancora una volta espulso per proteste, che strano. L'Atalanta si allontana di sei punti, l'Inter approfitta anche del risultato del Napoli che si è fermato a Venezia. Conte ha giustificato il pareggio come le migliori edizioni di Sarri&Mazzarri: il campo non era bagnato! Cambiano gli interpreti, la farsa resta la stessa, alibi da tornei parrocchiali. Viste cose che noi umani avevamo immaginato: la Lazio è finita travolta e umiliata dal Bologna di Italiano che tremare Motta fa perché si piazza al quarto posto migliorando la posizione dell'ultimo meraviglioso, incredibile, insuperabile campionato del neo-allenatore della Juventus che, dopo i quattro schiaffi dell'Atalanta, ha preso tre torte in faccia dalla Fiorentina. Il brasiliano insiste con il suo infantile gioco del 15 (il rompicapo con le tessere da ordinare per numeri): caos totale, squadra svuotata di testa e di anima. Sarebbe dignitoso farsi da parte, così fece Lippi dopo una pesante sconfitta interna con il Parma, ma era un altro allenatore, vincente e orgoglioso, eppoi chi oserebbe firmare il licenziamento? Elkann? Già impegnato con i guai della Ferrari, dove c'è il clone di Scanavino, al secolo Vasseur. Scanavino appunto? Mai pervenuto. Giuntoli? Ridotto a grigio impiegato. Non accadrà nulla, per incapacità e mancanza di alternative varie.
Tuttavia segnalo la critica feroce di Alessandro Del Piero su Sky: «Nessuno può dire di avere dato tutto, non soltanto in campo o in panchina ma in società». Così seppe dire, al tempo, Roberto Bettega, sempre in tivvù, censurando Trapattoni e Boniperti. E i fratelli Agnelli cambiarono gli attori e la scena.
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