In Iran gli anti ayatollah festeggiano gli Usa: ucciso un manifestante

Caroselli in strada per il ko della squadra del regime. Attivisti aggrediti nel post partita

In Iran gli anti ayatollah festeggiano gli Usa: ucciso un manifestante

Iraniani tifosi degli Stati Uniti. Ma non sapevano di esserlo. Lo hanno scoperto solo al triplice fischio dell'arbitro al termine della partita dell'altroieri che ha rispedito in patria i giocatori del Team Melli, non senza qualche apprensione per le minacce di «reclusione e torture» ricevute dal regime di Teheran. Ma perché nella Repubblica islamica del Leader máximo, Ali Khamenei, centinaia di uomini e donne sono scesi in strada per celebrare la vittoria degli Stati Uniti che hanno eliminato l'Iran dal Mondiale qatariota? Mai prima d'ora (in qualsiasi parte del mondo) era accaduto che parte della nazione portasse in trionfo gli avversari storici di una vita.

Per trovare una risposta bisogna far girare il cubo di Rubik dei paradossi geopolitici. Il giornalista iraniano Farahman Alipour dà la seguente spiegazione: «Se il successo dell'Iran contro il Galles aveva rappresentato la festa degli oppressori, la sua sconfitta contro gli Usa ora rende felice la nazione oppressa!». Il Ferrini dell'arboriano «Quelli della notte» avrebbe detto: «Non capisco, ma mi adeguo».

Ma qui c'è poco da scherzare, considerato che durante i «festeggiamenti» le forze di sicurezza hanno ucciso un manifestante: Mehran Samak, 27 anni, colpito mentre era in strada ad Anzali con in mano una bandiera; l'uomo, raggiunto da uno sparo alla testa, è deceduto poco dopo in ospedale. Notizia rilanciata dal media di opposizione Iran International.

Da ieri girano in rete anche numerosi video che alla fine del match Iran Usa documentano all'esterno dello stadio Al Thumama di Dohale le aggressioni subite da numerosi tifosi iraniani con la maglietta «Women life freedom» da parte di agenti in borghese camuffati da tifosi: in realtà agenti della «polizia morale» inviati in Qatar dal governo di Teheran per tenere «sotto controllo» i connazionali anti-regime; scene di violenza che sono state filmate e mandate in onda dalla rete italiana Sportitalia e da altre tv straniere.

Intanto i social network rilanciano la «gioia della gente per la disfatta della squadra degli ayatollah» in diverse strade di Teheran, così come nelle città di Marivan, Hamadan, Ardabil, Sanandaj, Mahabad, Diwandara, Karaj, Qorveh, Mahabad. Ovunque slogan e cori di protesta: «Donna, Vita, Libertà» e «Morte al dittatore».

I media della «dissidenza alla tirannia islamica» spiegano il senso dei caroselli festanti: «Il regime di Khameney puntava sul fatto che il Team Melli avanzasse alla fase successiva dei gironi, sfruttando così la qualificazione agli ottavi ai fini di esaltare la propria immagine politica e religiosa. Per l'occasione era già stata programmata anche una festa nazionale. Grazie agli Usa il piano è fallito. Per questo noi siamo felici».

Ma con un morto in strada ucciso dalla polizia, la felicità è un sacrilegio.

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