Sahar Khodayari non ce l'ha fatta. La 29enne iraniana, che nei giorni scorsi si era data fuoco davanti a un tribunale di Teheran per protestare contro il divieto di ingresso delle donne negli stadi, è morta questa notte in un ospedale della capitale iraniana a causa delle gravissimi ustioni riportate. A dare la notizia è stato il profilo Twitter dell'Esteghlal, insieme al Persepolis la principale squadra di calcio di Teheran, di cui Sahar era tifosa. La ragazza amava talmente il club biancoblù da sfidare le autorità politiche dell'Iran, che dal 1981 vietano alle donne di entrare allo stadio per seguire le partite.
"La nostra cara Sahar si è immolata, dopo che è stata condannata a 6 mesi di carcere per essersi recata allo stadio per seguire la sua Esteghlal. Ci ha sostenuto il divieto imposto dalla politica. Cosa possiamo fare noi per sostenerla? Assolutamente nulla", il post in ricordo della giovane diffuso dal club allenato dal tecnico italiano Andrea Stramaccioni.
I fatti risalgono allo scorso 12 marzo. La ragazza, travestendosi da uomo, aveva provato a entrare allo stadio Azadi. Individuata e fermata dalla polizia a causa di un selfie inviato alla sorella, dopo due giorni di fermo e sequestro del cellulare Sahar è andata alla sbarra. Accusata di oltraggio al pudore, è stata condannata a 6 mesi di carcere. Per protesta, la ragazza si è data fuoco di fronte a un tribunale di Teheran, trasformandosi così in una torcia umana. Alla fine, il 90% di ustioni riportate non le ha lasciato scampo.
La storia di Sahar, escluso il tragico finale, non è la prima di questo tipo in Iran, dove alle donne non viene consentito di assistere dal vivo alle manifestazioni sportive con gli uomini. Nel 2014, la anglo-iraniana Ghoncheh Ghavami era stata trattenuta in carcere per diversi mesi dopo avere provato a entrare allo stadio per vedere la sfida di pallavolo maschile tra Iran e Italia. Come ricorda Rai News, è dai tempi della rivoluzione khomeinista che l'Iran vieta alle donne di assistere agli eventi sportivi. Qualche apertura è arrivata solo negli ultimi anni. Nel 2018, in occasione dei Mondiali di calcio in Russia, alcune decine di donne furono autorizzare a seguire in trasferta la nazionale. Stessa cosa per la finale di Champions League asiatica, che si è giocata lo scorso novembre.
Rare eccezioni che non bastano ad accontentare chi, come la deputata Parvaneh Salahshouri, ha lanciato un appello contro le discriminazioni di cui sono oggetto le donne nella Repubblica islamica.
O come Masoud Shojaei, capitano della nazionale iraniana, che in occasione del match mondiale con la Spagna aveva detto: "Per la prima volta mi possono vedere giocare dal vivo mia madre e le mie sorelle". Sembrava l'inizio di una lenta, ma inevitabile trasformazione. E invece, tutto è rimasto com'era prima. Nel 1981.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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