Sinner, numero 1 senza pace: positivo al doping ma assolto

Jannik positivo dopo Indian Wells e Miami per l'assunzione involontaria (sotto il miliardesimo di grammo) di uno steroide usato dal fisioterapista per curarsi un dito. Assolto. Via punti e premio. Ma la Wada può ricorrere

Sinner, numero 1 senza pace: positivo al doping ma assolto
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Pensate cosa può far detonare meno di un miliardesimo di grammo di uno spray, una «quantità infinitesimale» capace di rovinare una carriera se non sei uno come Jannik Sinner. «Ora mi lascerò alle spalle questo periodo difficile e profondamente sfortunato» ha fatto sapere ieri, dando personalmente la notizia e facendo esplodere la bomba mediatica. Una bomba con la miccia bagnata, perché il comunicato sulle positività del numero uno al mondo rilevate lo scorso marzo a Indian Wells e Miami conteneva due parole decisive: doping e innocente. Il tennis aveva già deciso.

E allora: Jannik Sinner giocherà gli Us Open, «e continuerò a fare tutto il possibile per garantire il rispetto del programma antidoping: ho un team intorno a me che è meticoloso nella propria conformità». Un team dal quale manca da un paio di mesi il fisioterapista Giacomo Naldi, e qui sta il punto. In pratica: a marzo Sinner viene trovato positivo due volte a Indian Wells e Miami, viene sospeso precauzionalmente per 4 giorni ad aprile: dal 4 al 5 (per la prima positività) e dal 17 al 20 (per la seconda). Lui manda subito una lettera di spiegazione e viene liberato in entrambi i casi. Tutto però resta sotto traccia: tra un guaio e l'altro - dolori all'anca, malesseri, tonsille che gli fanno saltare le Olimpiadi - gioca oltre quattro mesi con un tarlo nella testa, fino a quando, il 15 agosto, arriva la sentenza: rischiava 4 anni, viene assolto. Ieri poi la notizia (complimenti a tutti per la segretezza). In mezzo c'è l'inchiesta: il Clostebol - cicatrizzante che ha già fatto molte vittime tra gli sportivi («ma che, se usato per via cutanea, non può dopare» dice il famoso farmacologo Silvio Garattini) - è stato assunto involontariamente. Lo ha comprato il preparatore Umberto Ferrara in una farmacia di Bologna per uso personale, e lo ha consigliato a Nardi il 5 marzo (risiedevano tutti nella stessa villa a Indian Wells) quando il fisioterapista di Sinner si era ferito a un dito due giorni prima e non riusciva a guarire. Nardi ha affermato di non sapere del pericolo dopante, ma il danno viene fatto il 10 con un massaggio all'anca di Jannik e il passaggio su delle lesioni cutanee. Una disattenzione imperdonabile.

È per questo, «responsabilità oggettiva per il suo team», che a Sinner vengono tolti i 400 punti conquistati nel deserto californiano e pure i soldi vinti, circa 350mila euro: «Le regole antidoping devono essere rigorose per essere efficaci - dice il suo legale -. Purtroppo la sfortunata conseguenza è che, a volte, atleti del tutto innocenti ne rimangono coinvolti. Non c'è dubbio che Jannik lo sia». Innocente, sospiro di sollievo. «Siamo rincuorati dal fatto che non sia stata riscontrata alcuna colpa o negligenza» afferma l'Atp, mentre per l'International Tennis Integrity Unity - la rigidissima agenzia che ha effettuato l'indagine - «il caso è chiuso». Finita qui, dunque? Non ancora del tutto: Wada e Nado, gli organismi mondiali antidoping, possono fare ricorso entro tre settimane.

E già qualche collega storce il naso. «Io credo alla sua buona fede - dice Corrado Barazzutti -: adesso può vincere a New York». Anche se a volte basta meno di un miliardesimo di grammo di probabilità che possa succedere il contrario.

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