L'altra Olimpiade nel frullatore impazzito tra autisti ammutinati e diete obbligate

Altro che Zika, il vero incubo sono gli autobus e le code infinite per mangiare

Un pullman a Rio de Janeiro durante le Olimpiadi
Un pullman a Rio de Janeiro durante le Olimpiadi

L'altra olimpiade ha la pancetta, le anche che cigolano, la vita a salvagente, gli occhiali da vicino e se la giocano atleti ammaccati dalla vita e dall'età che però non hanno nulla da invidiare a quelli veri, di atleti. Quelli con la tartaruga, i bicipiti scolpiti e le spalle da bronzo di Riace che, per inciso, qui sono statue non molto amate perché portano sfiga e tutti preferiscono ben altri metalli.

L'altra olimpiade è l'impazzito frullatore a cinque cerchi che quando inizia a girare spara ovunque giornalisti, addetti del Coni e degli altri comitati olimpici, e poi accompagnatori e videoperatori e malcapitati vari. Perché, giusto per rendere l'idea, dici Olimpiadi di Milano, dici di Roma che avanti così mica le farà, però la città che dà il nome all'evento è solo l'epicentro del frullatore, è la lama che gira vorticosamente, ma le gare possono svolgersi a 40, 100 e passa chilometri dalle lame olimpiche che triturano e sparano tutto.

Vien da sé che se dici Olimpiadi di Rio, a frullatore si aggiunge frullatore. Appesi ad autobus che perdono la strada, sballottati nel traffico, dispersi per le vie della megalopoli si scorgono addetti ai lavori alle prese con l'olimpiade più incasinata che si ricordi. L'altra sera due torpedoni olimpici, quelli che di solito transitano delle corsie veloci appositamente create per facilitare gli spostamenti, sono riusciti nell'impresa di uscire dalle suddette corsie e perdersi nel traffico di Rio. Al via della cerimonia mancava mezzora quando è andato in scena l'ammutinamento dei passeggeri che hanno minacciato l'autista con i propri smartphone affilati e il poveretto, abituato a certi balordi delle favelas, ha subito intuito che si trattava di sguardi assassini. Ha alzato le mani, si è arreso e ha aperto le porte. Ieri mattina stessa scena in zona Copacabana, autista ostaggio degli inviati, perso nel traffico e capi popolo improvvisati che invitavano i più timorosi, "forza, giù, scappiamo sennò col cavolo che racconterete la gara di ciclismo...".

La verità è che qui la zika non se la fila nessuno e il vero pericolo sono i brasiliani. Ma non quelli cattivi dei 15 omicidi al giorno che se li incroci è meglio utilizzare il teletrasporto, sono i brasiliani normali. Volenterosi, gentili, sorridenti ma che non hanno capito che è iniziata l'olimpiade.

Per mangiare nei siti olimpici si attende una vita, per cui si salta il pasto e si monta affamati su autobus che si perdono per cui alla fine, ieri sera, il collega australiano diceva: "Io mi sono fatto consigliare dal preparatore atletico di tizio e caio per utilizzare integratori e barrette di emergenza...". A giudicare dagli occhi sembrava dopato. Gli ho chiesto cosa prendesse. Funziona.

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