L'ecatombe Kitzbühel regala a Fill il trionfo più bello

L'altoatesino vince tra le cadute nel tempio della discesa terzo azzurro della storia dopo Ghedina e Paris Svindal si rompe un legamento, per lui stagione finita

L'ecatombe Kitzbühel regala a Fill il trionfo più bello

Una giornata bigia e cupa che da molti sarà ricordata per la paura e il dolore resterà invece piena di luce e gioia per Peter Fill che alla trecentounesima gara di coppa del mondo della carriera corona il sogno di ogni discesista, vincere a Kitzbuehel, sulla Streif, che ancora una volta, nel bene e nel male, ha regalato emozioni forti. Fortissime per Peter, terzo italiano dopo Ghedina e Paris a vincere nel tempio dello sci, alla non più tenera età di 33 anni nel giorno del secondo compleanno del figlio Leon, che nella bolgia dei cinquantamila forse non si è nemmeno reso conto di quel che succedeva, ma deve aver capito che papà era felice come mai prima nella sua vita. «Ho realizzato il sogno della carriera, vincere qui è il massimo per chi fa discesa, e in un inverno senza Mondiali o Olimpiadi è la vittoria più importante. Se finora avevo sempre pensato che la mia carriera sarebbe durata ancora a lungo nonostante gli anni che passano, ora ne sono più convinto che mai. So ancora essere veloce, so sciare bene e quest'anno lo sto dimostrando in ogni situazione». Gara pazzesca quella di ieri, gara che Peter ha vinto sciando in modo perfetto da cima a fondo. L'abbassamento della partenza di circa 100 metri (causa vento) non ha cambiato le carte in tavola, semmai a condizionare la discesa è stata la visibilità, diminuita dopo la pausa fra i primi 15 (Peter aveva il 14) e il gruppetto dei sette migliori fra cui partivano i due grandi favoriti, Hannes Reichelt e Aksel Lund Svindal. L'austriaco e il norvegese sono stati protagonisti di un tremendo volo sotto il salto dell'Hausberg, una vera trappola ieri per quelle gobbette che non si vedevano e che, affrontate a oltre 120 all'ora, facevano perdere l'equilibrio. Reichelt, sicuramente salvato dall'airbag che si è aperto mentre era ancora in volo, è stato portato via in elicottero, ma le sue condizioni non destano preoccupazione. Svindal si è alzato da solo, non ha potuto scendere al traguardo con gli sci che nel volo si sono disintegrati, lo ha fatto in motoslitta, ma dopo un primo consulto è stato trasportato all'ospedale di Innsbruck per accertamenti al ginocchio destro che gli faceva male: purtroppo la diagnosi è stata crudelissima, il legamento crociato è rotto e la sua stagione è finita, così come lo è quella dell'austriaco Streitberger, crociato kaputt anche per lui. La discesa di Kitz è la più pericolosa e la più temuta della stagione, ma ieri si è andato davvero oltre il limite, prova ne è il fatto che a cadere non sono stati pivelli alle prime esperienze, ma gli atleti più forti e più esperti. Forse anche per questo la giuria ha avuto la saggezza di dire basta dopo la prova del numero 30, per evitare incidenti ancora più gravi. Al via ce n'erano ancora 27 fra i quali il piemontese Mattia Casse, il più veloce nell'ultima prova cronometrata, che sicuramente non sarà stato felice per la decisione, ma tranquillo Mattia, sulla Streif correrai ancora, ieri era davvero meglio non rischiare, perché, come ha detto un giorno un grande del passato come Bernhard Russi, «per un discesista che vuole diventare forte il grande segreto è non cadere e non farsi male». E così, il 23 gennaio resterà una data memorabile per Peter Fill, da Castelrotto, campione tranquillo e modesto che finora aveva vinto una sola volta, a Lake Louise nel 2008.

In questa data, nel 2014, è nato il figlio Leon. Nel 2015 si è sposato con Bettina, nel 2016 la gioia della vittoria a Kitz. «Era il mio più grande desiderio, l'obiettivo della carriera. E ora, forse, nella storia dello sci ci sarà posto anche per il mio nome».

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