S econdo The Guardian è stata «la più grande ingiustizia del calcio mondiale». Non parliamo del football anglosassone ma di quello italiano: è lo scandalo dello scudetto 1925 vinto dal Bologna sul Genoa ma sempre reclamato dai tifosi del Grifo, ai quali appartengo, mi autodenuncio. Anche ex aequo per non ferire nessuno. Prima la battaglia era stata portata avanti dai tifosi, poi dalla Fondazione Genoa, custode dell'ortodossia rossoblu. Il fatto nuovo, emerso ieri a Genova, è che ora sarebbe il più antico club italiano con il presidente Enrico Preziosi in testa a fare sua l'istanza. «Nessuno getti ombre su di noi...» è stata però la pronta replica dell'ad dei felsinei, Claudio Fenucci.
È una vecchia storia di 93 anni fa, una storia di prevaricazione e violenza, in cui entrarono in campo, non solo metaforicamente, i fascisti bolognesi, più importanti di quelli genovesi, senza dubbio. A guidarli, tanto per intenderci, c'era Leandro Arpinati, sodale di Benito Mussolini, che prima di cadere in disgrazia nel regime - ma il Duce gli rimase sempre amico -, rivestì la carica di presidente della Federcalcio e fu anche numero 1 del Coni. Un uomo potente. Dopo cinque partite, andata e ritorno, e tre spareggi, di cui il primo, a Milano, vide l'invasione di campo dei fascisti bolognesi sul 2-0 per il Genoa, alcune revolverate, diversi feriti, intimidazioni e vergogne, il titolo andò al Bologna.
Non solo Genoa. Il Torino vuole lo scudetto del 1927, non assegnato per illecito, la Lazio quello del 1915, ex aequo con il Grifo. Aveva vinto la Lega Sud, ma lo spareggio con il Genoa saltò perché «l'esercito marciava per raggiunger la frontiera». Lo scudo venne consegnato al Genoa «tanto avrebbe vinto». La vera finale era quella della Lega Nord. Attorno agli scudetti perduti si sta creando un'asse Preziosi-Lotito-Cairo. Per il Genoa non è solo questione di principio, di orgoglio o di sottile piacere stracittadino, mostrare la stella ai cugini doriani non ha prezzo, si tratta di un tentativo di riavviare le lancette della storia.
Nella torrida e ferrosa estate del 1925 al Genoa strapparono non solo lo scudetto, mandarono in frantumi il senso del tempo. Da allora non ha vinto più nulla (a parte la Coppa Italia 1937). Ha cominciato a soffrire e non ha più smesso. In quello scudetto c'è il ricongiungimento con un passato che non è diventato presente.
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