La rotta segnata da Antonio Conte porterà all'atteso porto d'approdo: Colonia. Grazie al pokerissimo inflitto a uno Shakhtar Donetsk dominato in lungo e in largo, il 21 agosto si chiuderà l'anno infinito dell'Inter con l'appuntamento più atteso, la finale europea che le mancava da dieci anni (in Coppa Uefa, vecchia definizione dell'Europa League, addirittura da 21) quando arrivò il Triplete firmato Mourinho. Sarà una finale inedita, visto che i nerazzurri e il Siviglia non si sono mai incrociati.
Impeccabile la preparazione della gara da parte di Conte, soprattutto dal punto di vista tattico. La sua prima volta da allenatore in una finale europea può rappresentare un trampolino di lancio per il tecnico leccese in una realtà nella quale ha alzato spesso la voce, cosa spesso poco gradita alla dirigenza. Ora c'è una Coppa da vincere, un successo che all'allenatore servirebbe a zittire chi lo ritiene decisivo più nei campionati nazionali che nelle competizioni internazionali. Per i confronti ci sarà tempo dal 22 agosto, visto che la nuova stagione interista dovrebbe iniziare più tardi rispetto agli altri.
Intanto si parte dalle certezze. In primis i gol di Lautaro e Lukaku (54 totali, 15 complessivi nelle Coppe) che attendono la notte di gala per offrire la migliore prestazione europea dell'anno (per l'argentino prime due reti stagionali nella competizione, per il belga - 50 con l'Inter e 26 timbri - una doppietta che vale la decima gara di fila a segno in campo continentale). «Siamo tornati», aveva annunciato il «Toro» alla vigilia, allietata anche dalla notizia che diventerà papà. Poi un undici ormai collaudato le cui riserve di lusso sono Eriksen, Sanchez e Moses, una difesa tornata ai livelli di inizio stagione (un solo gol subìto nelle ultime 7 gare), un bel filotto europeo (cinque vittorie di fila, non accadeva dal già citato 2010) e soprattutto una chance non sprecata come era accaduto in Champions contro Barcellona e Borussia Dortmund, in campionato contro Juve e Lazio, in Coppa Italia contro il Napoli.
In più due gol di testa dopo un'ora, altra costante di questa stagione dell'Inter, piegano la debole resistenza dello Shakhtar, con una difesa colabrodo (e un portiere, Pyatov, avvezzo agli errori), uno sterile possesso palla e quasi mai in grado di impensierire Handanovic. Uno delle due zuccate è del sempre più sorprendente D'Ambrosio, mai così prolifico in una stagione (cinque le reti del terzino tuttofare riscoperto da Conte).
Con numeri e certezze di questo tipo, l'Inter si presenta alla finale - non semplice, il Siviglia è la regina della competizione con tre finali su tre vinte tra il 2014 e il 2016 - forte del pronostico dei bookmakers. E dell'unione del gruppo, figlio di un allenatore che chiede sempre il massimo e sta forgiando la squadra a sua immagine e somiglianza.
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