"Una medaglia non giustifica l'abuso"

Il ministro dello Sport sullo scandalo delle farfalle: "Inchiesta penale e sportiva per chiarire il confine tra rigore e vessazioni"

"Una medaglia non giustifica l'abuso"
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Mentre ai vertici scattano le verifiche, alla base si allarga l'abisso. La Ginnastica Ritmica italiana è un covo di soprusi oppure alcuni, pur gravissimi episodi, rischiano di avvelenare l'intero sistema? Ieri c'è stato un summit fra il capo della federginnastica Gerardo Tecchi e il presidente del Coni Giovanni Malagò, convocati dal ministro Andrea Abodi che ha ribadito: «Nessuna medaglia può giustificare abusi: ci sono un tribunale sportivo ed uno ordinario che stanno agendo per chiarire la linea sottile fra rigore e sconfinamento in comportamenti inadeguati». Giovedì prossimo un gruppo di ex atlete sarà già ascoltata dal safeguarding officer del Cio. «Credo alle ragazze - ha detto Gherardo Tecchi -. Anche un solo caso può incrinare la credibilità di un movimento che coinvolge migliaia di giovani». Giovanni Malagò ha ribadito «Totale fiducia» nella Dt delle Farfalle Emanuela Maccarani: «Ho incontrato poche persone serie come lei». Nel frattempo a parlare sono state altre due ex ginnaste della Nazionale, con parole, però, di senso opposto.

Da una parte c'è una lettera che l'ex farfalla Marta Pagnini, voce Tv agli ultimi Giochi 2021, ha affidato all'Ansa, per ricordare quanto rigore e disciplina siano i veri ingredienti della ginnastica: «Questo è il nostro sport ed è una scelta di vita che si fa prestissimo: ho passato meravigliosi momenti e affrontato molte difficoltà, alcune fisiologiche, altre evitabili, per cui mi sono rivolta a professionisti privati, ma so invece che ora le nuove farfalle possono contare su uno staff completo», Una nuova affondo arriva, invece, dalla padovana Giulia Galtarossa, oggi 30 anni, che ha affidato ancora a Repubblica, la sua esperienza: «Desio mi ha distrutto, restituirei le medaglie pur di riavere indietro la serenità». La ginnasta abbandonò il centro federale nel 2011, appena saputo, proprio come le altre, che non sarebbe stata convocata ai Giochi 2012. «Mi chiamavano maialino, mi sgridavano se mangiavo una pera». Galtarossa nel 2013 tornò incredibilmente a Desio come aiuto allenatrice.

Dopo quella di

Nina Corradini e Anna Basta, la sua storia è la terza a coinvolgere la Nazionale, ma è la quinta se si includono altre due denunce «giovanili», che la mamma di due ginnaste lombarde ha depositato alla Procura di Brescia.

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