
Pensavano di procurargli un paracadute professionale, hanno finito con lo scavargli una buca profonda sotto la panchina. È lo sviluppo dell'ultimo caso, il caso del portavoce di Conceiçao, che ha sconvolto la vigilia rossonera prima di volare verso Lecce e che il tecnico ha provato a disinnescare smentendo il suo ex collaboratore (nel frattempo dimessosi) che aveva mandato dei messaggi ai media riguardo la presunta insoddisfazione dell'allenatore su squadra e dirigenza. Conceiçao ha minacciato addirittura di adire le vie legali vista la reputazione compromessa. «Mi dispiace molto per questa cattiveria, mi dispiace per chi lavora qui a Milanello, mi dispiace per Ibra e Moncada che sono qui tutti i giorni»: l'incipit nella conferenza stampa è stato così aspro nei toni nel tentativo di chiudere la fastidiosa parentesi e di puntare al presente che è pieno di spine e di insidie. Le spine sono quelle arcinote: 3 sconfitte consecutive, la zona Champions lontanissima ormai, un credito personale che si assottiglia giorno dopo giorno, un gioco che non decolla, e un orizzonte pieno di nubi minacciose con 11 partite di campionato più le 2 semifinali di coppa Italia. «Simone Inzaghi ha detto che insegue 3 trofei, noi 2»: prova a difendersi così Conceiçao, con un paragone obiettivamente poco pertinente.
Nel tentativo di ricucire lo strappo provocato dal documento del suo ex portavoce, lamentandosi qui e là (per esempio nei confronti di Sacchi «che è stato mio allenatore, può dire quello che vuole, oggi mi spacca, gli ho scritto in privato e non mi ha risposto»), Conceiçao è sembrato avvolto tra le difficoltà e la voglia di gridare al mondo Milan gli ostacoli trovati. Ed è per questo motivo che sembra voler tentare la carta della disperazione, schierando a Lecce una formazione mista tra titolarissimi e nuovi arrivati che spingono, e magari corrono più di Leao e Joao Felix, per farsi preferire a chi è dotato di maggiore cifra tecnica. «Penso di fare le scelte migliori» è la sua risposta tenendo conto degli squalificati (Maignan e Pavlovic), del diffidato (Musah) e degli assenti per infortunio (Loftus Cheek). «Tutti i giocatori devono avere un comportamento da soldato, sto trovando difficoltà a far passare questo messaggio. A Zagabria abbiamo perso la spinta positiva di Riad. Sicuramente ho sbagliato anche io» il resto del ragionamento. Alla fine la morale è quella declinata da Giampaolo, allenatore del Lecce, passato da Milanello ai tempi di Boban e Maldini (esonerato dopo 7 turni): «Il Milan è una squadra che può vincere e perdere con chiunque».
A giudicare da un intervento negli Usa, anche Cardinale sembra aver capito la differenza tra i mercati americano e italiano. «Negli Usa c'è maggiore attenzione sull'entertainment dell'evento live, in Europa è molto più importante la perfomance» la frase-chiave nella quale ha citato il Liverpool come esponente di successo di questa tendenza.
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