Le minacce che ci siamo evitati

Le minacce che ci siamo evitati

Puntualissime, sono arrivate le minacce di morte a Mateus Uribe e Carlos Bacca a secco dal dischetto contro l'Inghilterra. Già era stato preso di mira Carlos Sanchez, espulso con il Giappone. Quando le minacce arrivano dalla Colombia, ahinoi, vanno prese alla lettera, purtroppo. La storia è nota: Andres Escobar, per la sua autorete contro gli Stati Uniti al Mondiale americano, venne ucciso all'esterno di un ristorante di Medellin, il 2 luglio 1994.

Una follia, ma non è da meno minacciare di morte anche solo per aprir bocca. Chiunque, ma soprattutto chi partecipa a uno sport dove l'errore è parte integrante della sfida. Minacciare di morte un calciatore, però, non è una specialità solo colombiana. In questo primo Mondiale veramente social, abbiamo scoperto che gli incoscienti, i nani che si sentono giganti strisciando nella rete, sono tanti, sono ovunque, si annidano anche nel civile Nord Europa. In Svezia la morte è stata augurata a Jimmy Durmaz, autore del fallo da cui è nata la punizione di Kroos, inutile come il gol e la vittoria della Germania. In Danimarca è nel mirino Nicolai Jorgensen che ha sbagliato il rigore decisivo contro la Croazia. Noi, che abbiamo in testa il refrain di De Gregori non è da questi particolari che si giudica un giocatore, sappiamo che un rigore si può sbagliare.

Ma se ci fosse l'Italia e si fosse trovata in una situazione simile, i minacciatori sarebbero saltati fuori a frotte anche qui. Da questo punto di vista è un sollievo non esserci. I nani di casa nostra stanno nella loro cuccia.

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