«Lo sport cambia tanti risultati, non solo quello delle partite», parola di Marco Tardelli. Uno degli «eroi» del Mondiale '82. L'autore dell'«urlo», il secondo più famoso dopo quello di Edvard Munch: il primo esposto nella Galleria Nazionale di Oslo, l'altro in mostra da sempre nell'italico museo della memoria.
Tardelli è un'icona del football azzurro, ma non si atteggia a santo. Pure lui qualche volta ha fatto prevalere l'impulsività sulla ragione. I tifosi del Milan, ad esempio, non gli hanno mai perdonato l'inspiegabile calcione sulle caviglie di Rivera il 5 novembre '78 nell'attimo in cui il capitano rossonero aveva appena battuto il calcio d'inizio. Ma forse è proprio per questo carattere non incline al compromesso che Tardelli domani prenderà la parola al Festival della Geopolitica «Mareliberum», al via oggi a Catania organizzato da Eastwest European Institute e Associazione Diplomatici.
Marco Tardelli, il suo ruolo al Festival di Geopolitica?
«Sono tra i goodwill ambassador dell'Associazione Diplomatici i cui corsi coinvolgono ogni anno migliaia di studenti provenienti da ogni parte del mondo».
Cosa dirà ai giovani?
«Racconterò come l'esperienza sportiva e umana vissuta al Mondiale '82 può diventare un paradigma di vita sotto il profilo etico e sociale».
Si parlerà, tra l'altro, della guerra in Ucraina e dei nuovi equilibri globali.
«Lo faranno ospiti illustri e un grande della Terra come Bill Clinton. E ci sarà anche il mio amico Andriy Schevchenko».
Gli appelli di Schevchenko in difesa della sua nazione sono tragicamente attuali.
«Parole commuoventi in difesa della causa ucraina».
Tornando al tema del suo intervento («Mondiali '82, la favola oggi»), lo spirito mostrato da voi «ragazzi di Bearzot» può diventare un modello di riferimento per i giovani?
«Bearzot era un uomo di pace. Che credeva, e noi con lui, in valori fondamentali: lealtà, impegno, spirito di gruppo, onestà. Così abbiamo conquistato un Mondiale, ma rispettando gli stessi principi i i giovani, e non solo, possono vincere nella normalità della vita quotidiana».
Alcuni pilastri di quella spedizione (Bearzot, Rossi, Scirea) non ci sono più. Che lezione ci hanno lasciato?
«È come se fossero ancora vivi. Ogni italiano li ha nel cuore. A dimostrazione di come siano stati tre grandi uomini».
Dostoevskij disse che «la bellezza salverà il mondo», Mandela che «lo sport salverà il mondo».
«Lo sport è bellezza».
Un aggettivo per descrivere il suo urlo dopo il gol nella finale vinta contro la Germania
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