Il mondo più veloce vuole rallentare. "Troppi 300 cavalli, andremo più piano"

Tanti incidenti, il miracolo Bagnaia, ora l'ambiente s'interroga. Il diesse della Ducati, Paolo Ciabatti: "Mezzi indomabili senza elettronica e per il 2027 studiamo già dei correttivi"

Il mondo più veloce vuole rallentare. "Troppi 300 cavalli, andremo più piano"
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Misano Il momento cruciale è stato venerdì: quando Bagnaia è sceso dalla moto alla fine delle prime prove libere, tutto il box del team Ducati Lenovo si è sciolto finalmente in un sorriso. Pecco ha continuato a zoppicare per tutto il weekend, ma è il minimo. Tanto che ieri - nella sessione di test ufficiali - è stato lasciato a riposo: le ultime otto gare del mondiale incombono, gli avversari anche. Nell'aria però resta ancora l'incidente di Barcellona di dieci giorni fa: «Quando sono andato al Centro Medico pensavo che il minore dei mali fosse che avrebbe saltato il resto della stagione», aveva detto Davide Tardozzi, il team manager della Rossa, alla vigilia del miracolo di Misano. Uno dei troppi di questa stagione che ha riaperto il discorso sull'elettronica. La paura detta sottovoce nel paddock è che si sia arrivati ad un punto di non ritorno.

«Sei stato bravo ad evitare di romperti la gamba», ha scherzato giovedì sera Valentino Rossi con Pecco alla festa di Tavullia, ma non si può sempre puntare sulla fortuna, o appunto sui miracoli. La MotoGp sembra rendersene conto, e sul da farsi è in atto un dibattito tra i team. Di sicuro - dice lo Sports Director Ducati, Paolo Ciabatti - non si può tornare indietro: «Questo non è il motomondiale di una volta: i mezzi hanno raggiunto prestazioni tali che non si può fare a meno dell'elettronica per riuscire a guidarli».

La linea di confine è se l'elettronica sia troppa o necessaria.

«Partiamo da qui: la MotoGp non è la Formula 1. Quando il pilota esce in pista ha delle nostre indicazioni che vengono dai dati che scarichiamo. Ma poi è solo con se stesso».

E le indicazione sul visore?

«Solo le bandiere e i messaggi della direzione gara, e i distacchi con gli altri. Ma quando è in curva sdraiato e con la testa fuori non li vede»

Altri aiuti?

«L'unico è cambiare la mappatura coi pulsanti: quando parte ha un mezzo che pesa 157 chili più 22 litri di benzina, e gomme nuove. A metà gara è cambiato tutto, senza poter modificare il set up sarebbe pericoloso».

Quindi, tornando all'elettronica?

«Dico questo: io ho 66 anni, ho vissuto l'era nel quale i piloti avevano più talento e meno preparazione. Erano coraggiosi a stare in sella su moto più pericolose, e si godevano i piaceri della vita. Oggi non sarebbe possibile».

In che senso?

«Se non sei professionista e allenato fisicamente queste moto non le guidi».

Troppo potenti, insomma.

«La Desmosedici ha 300 cavalli, la Ducati di Carl Fogerty campione Superbike nel 1994 ne aveva 140. Per forza di cose ci vuole una gestione dell'elettronica: ma alla fine i piloti che vincono sono sempre i migliori».

Ma la domanda è: qual è il limite?

«Ce la stiamo ponendo. Qualcosa è stato fatto: centralina e software sono uguali per tutti. E tra l'altro il software è meno evoluto di quello che avevamo prima delle nuove regole».

Qualcuno dice: con moto più lente ci sarebbero gare più divertenti.

«Ci si può pensare, ne stiamo parlando. Ma bisogna evitare il paradosso».

Ovvero?

«Che la MotoGp diventi più lenta delle moto da strada: quelle derivate dalla Superbike sono arrivate a 240 cavalli. In ogni caso stiamo discutendo del nuovo regolamento dal 2027».

Qual è il futuro, dunque?

«Avere queste moto con prestazioni sempre al livello più alto. Ma penso che saranno meno veloci».

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