Moss, l'ultimo gentleman. Non vinse mai il titolo però conquistò il mondo

Veloce, coraggioso, playboy, corretto. "Scagionò il rivale della Ferrari e perse il campionato"

Moss, l'ultimo gentleman. Non vinse mai il titolo però conquistò il mondo

Sir Stirling Craufurd Moss ha percorso l'ultimo giro di una vita fuori dal comune nel letto della sua elegante casa di Mayfair piena zeppa di gadget che un tempo solo James Bond avrebbe potuto permettersi. In quell'appartamento teneva un armadio pieno di album neri e verdi. In quelli verdi aveva raccolto fotografie e articoli sui suoi record sportivi, in quelli neri le sue conquiste femminili. E, nonostante le 494 gare disputate e i tre matrimoni, non c'era grande differenza nel numero delle raccolte. A Sir Stirling Moss piaceva correre con qualsiasi auto avesse a tiro, ma non dispiaceva essere considerato un playboy e fino all'arrivo sulla scena di James Hunt negli anni Settanta, era decisamente il più donnaiolo tra i piloti del mondiale. «La mia qualità di vita era di gran lunga superiore a quella di Jenson Button o Lewis Hamilton», diceva scherzando.

A Enzo Ferrari ricordava Tazio Nuvolari «per la sua smania di correre, per come sapeva andava forte su qualsiasi macchina, con il gran pregio di giudicare una vettura soltanto attraverso il cronometro». Eppure Moss non è mai stato un pilota ufficiale Ferrari. Ha corso e vinto con un sacco di squadre inglesi, con la Mercedes, con la Maserati di cui si era innamorato, ma mai per la casa di Maranello. Alla Ferrari sarebbe arrivato, se non si fosse schiantato a Goodwood nel 1962, quando finì fuori pista con la Lotus, rimanendo 45' imprigionato tra i rottami e in coma per 38 giorni. Lo curarono undici infermiere, ma questo è un dettaglio. Come il fatto che tra coloro che più spesso chiamavano l'ospedale di Londra per avere sue notizie ci fosse Frank Sinatra. D'altra parte tra i suoi compagni a cena c'erano spesso Grace Kelly e Steve McQueen. «Non ho vinto il mondiale, ma mi sono molto divertito», ripeteva sempre.

La storia della Formula 1 lo registra come il numero uno dei numeri due. Il migliore tra quelli che non hanno mai vinto il mondiale. In realtà Moss è migliore anche di molti tra coloro che quel titolo lo hanno vinto. Non ha conquistato il Mondiale, ma ha un trofeo che nessuno dei suoi colleghi hanno raggiunto: ha tagliato in forma quasi perfetta il traguardo dei 90 anni. Tre volte terzo e quattro volte secondo (dal 1955 al 1958) nel mondiale, sedici vittorie in 66 gare, sono un curriculum abbastanza significativo a cui vanno aggiunte vittorie importantissime nelle gare di durata, prima tra tutte la Mille Miglia del 1955 con la Mercedes 300 SLR, con un tempo record rimasto imbattuto di 10 ore 07 minuti e 48 secondi. A superarlo nel Mondiale furono tre volte il suo amico Fangio e una volta Mike Hawthorn. In quell'ultima occasione, nel 1958, emerse tutta la sportività di Moss che avrebbe potuto conquistare il titolo (perso per un punto) se al Gran premio del Portogallo non fosse stato lui stesso a scagionare Mike davanti ai commissari che lo avevano punito per aver spinto la sua Ferrari durante il giro di rientro. Senza le sue parole, Hawthorn sarebbe stato squalificato e lui a fine anno sarebbe stato davanti. «Ho fatto la stessa cosa che avrebbe fatto Mike per me», raccontò sempre.

Suo padre, Alfred E. Moss, un ricco dentista, arrivò 16º alla 500 Miglia di Indianapolis del 1924, sua madre Aileen era stata protagonista delle gare in salita nello stesso periodo, sua sorella Pat partecipò con successo a diversi rally: lui non poteva che darsi ai motori. «I rettilinei sono quei tratti noiosi che uniscono due curve», diceva e spingeva sull'acceleratore di qualsiasi auto gli capitasse a tiro. Ha continuato anche dopo essersi ritirato ufficialmente partecipando fino a pochi anni fa a un sacco di eventi per auto storiche. La domenica potevi incontrarlo ospite di uno sponsor al Gran premio d'Australia e il giorno dopo vederlo fotografato alla cena di un altro sponsor a New York. Instancabile. E sempre accompagnato da Suzie, l'ultima signora Mosley, sposata nel 1980 dopo aver fatto la corte a sua sorella.

«Ma chi si crede di essere? Stirling Moss?», era la domanda più gettonata dai poliziotti inglesi quando fermavano qualcuno che aveva esagerato con la velocità. Per anni è stato lo sportivo inglese più famoso. Anche più di calciatori o giocatori di cricket. Era finito pure in un film di 007 (Casinò Royale) interpretando se stesso in un cameo.

Fino all'arrivo di Lewis Hamilton è stato il simbolo della velocità inglese. E Lewis lo ha voluto salutare sui suoi social: «Sarà sempre qui, nei nostri ricordi». Lo stesso messaggio che ha unito Mercedes, Ferrari e Maserati.

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