Mou, insulti e scenate. Ma fa molto più rumore il silenzio di Friedkin

Dopo il direttore di gara, accusa il patron della Roma. Dice di restare, però cerca la rottura

Mou, insulti e scenate. Ma fa molto più rumore il silenzio di Friedkin
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Roma. L'ultimatum alla società («voglio rimanere, ma io e i miei giocatori meritiamo di più e voglio lottare per qualcosa di più»), lo sfogo senza freni contro l'arbitro Taylor («sei una fottuta disgrazia»). Josè Mourinho e le sue doti di comunicatore funzionano in maniera efficace nella pancia della Puskas Arena. Centrati in pieno gli obiettivi della serata: i Friedkin, rei a detta dell'allenatore di non aver ancora voluto parlare con lui nonostante chieda da almeno tre mesi un incontro, e il fischietto inglese della gara con il Siviglia. La frase inelegante rivolta a Taylor - che ha vissuto ieri momenti di tensione anche all'aeroporto quando sono iniziati cori e insulti conro di lui da parte dei sostenutori della Roma - costerà a Mou la squalifica e ha provocato anche le critiche non solo degli spagnoli, ma anche degli inglesi. La stampa d'Oltremanica ha definito il portoghese «irritante e provocatore, a Mourinho non importa nient'altro, non il gioco, non il pubblico, non un'idea ingenua di decenza, è ancora lì che combatte le sue battaglie».

Un Mourinho che strada facendo, nelle due stagioni alla Roma, ha trovato sempre più proseliti in staff, giocatori - elogiati alla fine della battaglia in Ungheria - e tifosi. Non nella società, che ha mostrato un atteggiamento agli antipodi rispetto al suo allenatore. Ma quel silenzio fa rumore anche più degli strepiti dello Special One che, nella notte della prima «stecca» in Europa da tecnico, non ha fatto altro che evidenziare un rapporto sfaldato con i Friedkin. La sconfitta di Budapest ha di fatto aperto la resa dei conti. E quel di più che chiede Mourinho non sono solo giocatori migliori e una rosa per competere, ma anche l'essere alleggerito dalle pressioni. «Perchè devo essere sempre io a parlare di arbitri?», così dopo la sfida con il Siviglia, quasi a soffiare sul malumore - intuibile visto che i Friedkin non hanno mai parlato in quasi tre anni di guida della Roma - della proprietà nei suoi confronti.

C'è un altro anno di contratto che è la base da cui ripartire, ma c'è anche l'incertezza di un allenatore che vuole confrontarsi sui programmi futuri. Aveva definito un «mercatino» la campagna acquisti del club da sette milioni più parametri zero, in contrasto con l'idea di costruire un gruppo che possa ambire a uno dei primi quattro posti. Ora suggerisce di parlarsi prima dell'ultima partita di domenica con lo Spezia. «Da lunedì vado in vacanza, sono stanco», la precisazione del portoghese che sembra quasi cercare una rottura senza però produrla.

Il gelo tra le parti è evidente, guardando a quel saluto freddo tra Mou e Ryan Friedkin dopo la gara di Budapest, con il tecnico che non vedeva l'ora di correre dentro gli spogliatoi non prima di aver riunito in gruppo i suoi giocatori per complimentarsi con loro e far presente il suo «orgoglio» per la prestazione. I proprietari americani hanno un altro modo di fare, ma quel silenzio potrebbe costare il divorzio con lo Special One. La soluzione estrema che nessuno tra i tifosi giallorossi si augura.

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