Katowice, un anno dopo. La cornice e l'avversario sono gli stessi. Ma oggi per l'Italvolley maschile la rivincita con la Slovenia, battuta il 19 settembre 2021 nell'ultimo atto dell'Europeo, vale un biglietto per andarsi a giocare l'oro Mondiale. Dopo aver superato Cuba e soprattutto la Francia, al termine di un quarto di finale epico, gli azzurri di Fefé De Giorgi sono tornati tra le migliori quattro del mondo a dodici anni di distanza dall'ultima volta. La finale, invece, manca addirittura dal 1998, quando la generazione di fenomeni conquistava il suo terzo titolo iridato consecutivo.
Per tornare a dare la caccia all'oro l'Italia dovrà quindi vedersela contro la Slovenia, che dopo aver perso al tie break proprio contro la Francia nella prima fase ha battuto beneficiato di un tabellone più morbido. Servirà un'altra grande prova per certificare l'inizio di una nuova epopea azzurra, come quella dell'Italvolley della quale faceva parte Andrea Lucchetta.
Dopo l'Europeo, la semifinale Mondiale: è l'inizio di un nuovo ciclo?
«L'Olimpiade ha chiuso un percorso e ne ha aperto un altro: quello dei giocatori che giocano per la maglia, non per il cognome. De Giorgi sta dettando linee di costruzione dello spogliatoio chiare, che vanno nella direzione del gruppo. Con le sue scelte ha tagliato i ponti con le dinamiche del passato».
L'esclusione di Zaytsev, ad esempio.
«Nel corso degli anni Ivan ha avuto qualche atteggiamento che magari ha contribuito ad appesantire determinati rapporti. E non mi è piaciuto il tempismo di alcune dichiarazioni, arrivate proprio nel giorno della gara con la Francia».
La sua assenza ha liberato il talento di Romanò.
«Non solo, perché anche Giannelli è diventato un giocatore diverso, senza quella pesantezza sulle spalle che alla lunga rischia di opprimerti. De Giorgi, da ex palleggiatore, ha consegnato a Simone le chiavi della squadra, liberandolo da quelle manette che lo avevano condizionato in passato. Anche i dialoghi nei time out sono la fotografia della loro sintonia. Fefé, poi, è bravissimo a infondere calma e serenità alla squadra, anche nei momenti più delicati. Una gestione che si sta rivelando vincente».
Anche grazie a Romanò: riserva del francese Patry a Milano, trascinatore in azzurro.
«Lo scarso utilizzo di Yuri nel club era uno dei motivi di preoccupazione di Ferdinando. Ma, una volta rimesso insieme il gruppo, si è ricostruito quel clima che un anno fa ci ha portati a conquistare l'Europeo. Per Romanò, la Nations League è stata fondamentale: è stato il migliore e ha acquisito ulteriore consapevolezza nei propri mezzi. In questo Mondiale sta mostrando di essere abilissimo a resettare dopo gli errori, prerogativa questa dei grandi campioni. E, finalmente, abbiamo un opposto che mura, fondamentale nel quale può aver rubato qualche segreto proprio a Patry, grande interprete del ruolo».
Un anno dopo, è ancora Italia-Slovenia.
«La finale dell'Europeo non fa testo, perché entrambe le squadre sono cresciute e maturate. La qualificazione è alla nostra portata.
Magari arriveremo quarti, e qualche gufo sarà contento, ma il dato di fatto è che dopo 12 anni siamo a lottare per una medaglia al Mondiale, non per caso. Possiamo giocarcela fino in fondo, guardando con fiducia anche ai prossimi impegni: l'Europeo in casa e le Olimpiadi di Parigi».
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